Abbiamo avuto la capacità di svuotare il significato delle parole. Eravamo convinti che alla parola “Mafia” si poteva contrapporre la parola “antimafia” per poi accorgerci che Totò Riina era un chierichetto monello nei confronti di menti straordinariamente criminali, dalla faccia pulita  e dalla cravatta costosa. Io per natura sono un garantista e non sono solito giudicare se non vi sono giudizi definitivi, pertanto mi soffermerò sul dato sociologico. Mi soffermerò sul fatto che dobbiamo mettere tutto in discussione, che dobbiamo chiederci sempre se chi sta accarezzando un bambino lo stia facendo per sincero affetto o perché è un pedofilo. Così ci stanno costringendo a pensare sulla mafia. Ci costringono a temere che chi dice di essere dalla parte dello Stato, della tutela dei cittadini, invece è un mascalzone che non ha neanche la dignità criminale di mettersi un passamontagna ed entrare in una banca, rischiando di suo. Lo fa invece travestito da abiti firmati, narcotizzando chi lo circonda con l’odore di costosi  profumi.  A Dio si può credere per fede, agli uomini puoi credere giudicandoli dalle loro azioni, dai loro comportamenti. E allora cade l’ultimo vessillo di una Sicilia che sembrava volere cambiare: “l’antimafia”. Quello che fa più schifo nella storia che stiamo seguendo oggi a proposito di antimafia e corruttele, sono le dinamiche subdole, viscide, squallide, fatte di palese ingordigia di chi non è mai contento di quello che ha, ma vuole sempre di più. D’altronde sull’argomento ci aveva messo in guardia, in tempi non sospetti un nostro insigne conterraneo, che sapeva riconoscere bene   le facce dei convenuti ai convegni sulla legalità. Leonardo Sciascia aveva utilizzato la sua penna per tracciarne l’identikit , ma a nulla è servito. Ho sempre guardato con diffidenza i convegni sulla legalità, spesso un  red carpet attraversato da gente che con le stesse scarpe ha calpestato, i diritti, la giustizia, la morale  e poi messa li a relazionare con il loro bel discorsetto scritto dal segretario porta borse in nero, che gli scodinzola dietro in attesa che venga “impostato”. Si  dovrebbe invece iniziare a fare i convegni sulla “illegalità”, perché nella logica delle cose non si è mai visto discutere  della soluzione senza conoscere il problema. A questo punto non ci rimane che credere a chi non ha mai tradito la nostra fiducia e non mi viene in mente altro che Cristina D’Avena , lo zecchino d’oro, il fantacalcio e le patatine di MC Donald.

Cesare Sciabarrà