Oggi vogliamo in qualche modo trattare un argomento che sintetizzi gli umori di tutti coloro i quali hanno partecipato con i loro post alle nostre discussioni.
L’amministrazione di una città grande o piccola che sia, presuppone alcuni elementi fondamentali che vogliamo affrontare in questa sorta di redazionale.
Alla guida di una città vi è il sindaco, il primo cittadino, che sceglie una squadra di collaboratori, gli assessori, sia sulle indicazioni dei partiti che fanno parte della coalizione, sia per le riconosciute competenze personali che debbono possedere coloro che vengono comunque indicati dai partiti stessi.
La politica quindi ha un’enorme responsabilità nella scelta della squadra di governo. Quindi vi è il consiglio comunale, un tot numero di consiglieri che in base alle loro posizioni politiche possono rappresentare l’opposizione all’amministrazione in carica o essendo della stessa coalizione fare parte della cosiddetta maggioranza. Fin qui riteniamo di aver detto delle cose risapute. Ma cosa spinge una persona a candidarsi e a rappresentare le necessità della gente che lo vota? Quali sono i meccanismi che la politica realizza per far si che venga eletto uno piuttosto che un altro? Quali le dinamiche che determinano la composizione sia della maggioranza che dell’opposizione? Ma soprattutto quali sono i criteri che l’elettore medio utilizza per la scelta del proprio candidato?
Andiamo per gradi. Oggi vi sono due tipi di convincimenti che spingono una persona a candidarsi, uno è “si chiddru si candida u pozzu fari puru iu” poco importa se non capisco nulla di amministrazione o non sarei in grado di amministrare il mio condominio; gli altri lo fanno, quindi anche io. L’altro motivo, che riteniamo più stimolante è: “mi sistemu, piglio comunque uno stipendio potrò sistemare parenti e affini andando a scambiare questa mia piccola fetta di potere con fette più o meno grandi di povertà.
Passiamo alla politica, o meglio ai cosiddetti “pupari” ossia coloro che conoscendo le potenzialità elettorali dell’eventuale candidato, quindi l’ambiente e gli amici che lo potrebbero votare e soprattutto la consistenza familiare, cioè su quanti parenti può contare, decidono, prescindendo dal fatto che si tratti di un idiota piuttosto che di un premio nobel, di candidarlo. Nella maggior parte dei casi si predilige l’idiota, che in questo caso diventando “utile” e finisce per essere il cosiddetto….
Andiamo avanti.
Poi vi sono i meccanismi del voto che facendo leva su una scienza che si chiama “memetica” innesca un pensiero vizioso dal quale nessuno è immune.
Ma quello è un amico….. quello è il fratello di mio cognato… quello mi ha fatto avere il certificato di nascita senza fare la fila etc etc. Quello è tutto tranne ciò per cui lo stiamo votando.
Eleggiamo un signore che ci dovrebbe rappresentare, il quale dovrebbe rispondere a dei requisiti minimi sindacali, di cultura, di conoscenza, di preparazione, di serietà e invece lo votiamo per tutt’altro motivo.
E’ come se dovendo votare per uno che deve condurre una corriera piena di persone, eleggessimo un ubriaco, con seri problemi di vista, che non conosce la strada e non ha mai conseguito alcuna patente.
E poi il precipizio. Si confonde la normale amministrazione, per intenderci quella fatta dagli uffici preposti, con la linea politica di una amministrazione. Cosa fa di diverso una amministrazione in carica da un commissario che da solo è chiamato a gestire una cittadina?
Parliamo della differenza dei costi? No, meglio di no.
Tutto questo per dire due cose. Alle prossime elezioni chiediamoci chi vogliono far salire alla guida della corriera, chiediamoci se il candidato consigliere oltre a essere un nostro parente o amico o vedi come sopra, possegga davvero i requisiti necessari per rappresentarci e migliorare anche di poco la nostra città, chiediamoci se i pupari di turno hanno scelto i candidati proposti sulla scorta della loro effettiva utilità o sul grado di idiozia rappresentata dal candidato. Insomma se è vero che “ogni collettività elegge chi l’amministra a propria immagine e somiglianza,” facciamo in modo che assomigli un po’ di più a quella parte di città che produce, che fa impresa, che fa cultura, che agisce, che realizza, quella parte di città della quale andiamo orgogliosi.
A voi le riflessioni…. Perché se dobbiamo cambiare qualcosa, così facendo … qualcosa sta già cambiando