Per riuscire a restare a galla e raggiungere gli scogli ai quali aggrapparsi si sono tolti i vestiti. Inzuppati d’acqua sarebbero stati una zavorra mortale che li avrebbe portati a fondo. Mezzi nudi, infreddoliti e terrorizzati si sono rifugiati su un isolotto di poco più di un chilometro quadrato, Lampione, il primo lembo della “terra promessa” per cui hanno rischiato la vita. Gli uomini della Guardia Costiera, in mare dal pomeriggio di ieri, dopo un Sos lanciato per telefono, li hanno trovati che era quasi l’alba. Una quarantina dei 56 migranti soccorsi era riuscita ad arrivare a terra. Gli altri erano in acqua. A chi li ha portati in salvo hanno detto di essere partiti in 136 dalle coste tunisine e di essere naufragati a largo della più piccola delle Pelagie. Ma il racconto non convince gli investigatori.
Dell’imbarcazione con la quale avrebbero preso il mare non è stata trovata traccia, nè sono venuti a galla oggetti e chiazze di carburante. E poi un solo cadavere è stato ripescato. Gli altri dispersi sono svaniti nel nulla. Anomalie che inducono gli investigatori – sulla vicenda la Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta – a pensare che le cose siano andate in modo diverso e che, secondo un drammatico copione già visto, gli extracomunitari siano stati “scaricati” in acqua a poca distanza dall’isolotto da un barcone che si è poi allontanato.
Ma perchè i superstiti dovrebbero mentire raccontando del naufragio e coprendo le responsabilita<< degli scafisti? Gli inquirenti abbozzano una risposta: alcuni di loro potrebbero avere dei familiari in patria e temere rappresaglie da parte di chi organizza il viaggio.
La verità, forse, verrà fuori dagli interrogatori dei 56 sopravvissuti. Tutti, tranne una donna incinta ricoverata al Poliambulatorio, Wafa, di 25 anni, sono stati portati nel centro di accoglienza. Sono arrivati sotto choc e zuppi d’acqua, ma sono in buone condizioni. A bordo del ‘legnò sul quale sono partiti – ieri, secondo alcuni, mentre altri parlano di un viaggio di due giorni – ci sarebbero state anche altre donne e 6 bambini. Anche se la giovane tunisina superstite parla di sole due altre compagne di viaggio. Nel drammatico racconto di Wafa c’è tutto il terrore di chi ha rischiato la vita e il dolore di chi ha perso un familiare: la donna racconta che con lei era partito il fratellino di 5 anni che sarebbe annegato.
“Non abbiamo un quadro preciso dei fatti – spiega il procuratore di Agrigento Renato Di Natale – La Squadra Mobile raccoglierà le testimonianze e cercheremo di capire”. La magistratura procede per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e omicidio. La Guardia Costiera, intanto, continua le ricerche dei dispersi. Imponente lo schieramento dei mezzi impegnato nelle operazioni: a pattugliare un’area di circa 400 miglia quadrate sono un elicottero, un aereo, due motovedette della Capitaneria, una imbarcazione dei carabinieri e tre navi della Nato.
A dare l’allarme alla Capitaneria sono stati i carabinieri che nel pomeriggio di ieri avevano ricevuto una drammatica telefonata: un Sos lanciato dal barcone da uno dei migranti. Alle 18 sono partiti un elicottero e una motovedetta, ma gli uomini della Guardia Costiera non sono riusciti a vedere nulla. “Un’ora dopo – racconta il comandante Giuseppe Cannarile – si sono aggiunte altre due motovedette, poi due pattuglie della Finanza e successivamente tre navi della Nato. Era buio pesto. Solo verso le 2,30 siamo riusciti ad avvistare due uomini in mare e poco dopo gli altri”.
“Siamo profondamente addolorati per le vittime della tragedia che si è consumata questa notte. Non dobbiamo mai abituarci a questi drammi, all’idea che ancora oggi attraversare il Mediterraneo in cerca di un lavoro e di una vita dignitosa diventi per migliaia di uomini e donne una roulette russa”, commenta il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini che, dopo avere appreso del naufragio, ha inviato sms ai pescatori dell’isola per invitarli a partecipare alle ricerche.
“Nessuno può archiviare il caso come l’ennesima inevitabile fatalità”, commenta il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, che invita l’Ue a “rimettere al centro della propria agenda il tema dell’immigrazione proveniente dall’ Africa, perchè è un dramma che riguarda l’intera l’Europa”. Un appello, quello del governatore, che ricalca l’invito rivolto alle istituzioni europee dal ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri. Accorate anche le parole di Monsignor Montenegro, arcivescovo di Agrigento: “l’uomo non può morire perchè vuole vivere”.
“Stiamo facendo ricerche in un raggio di mare vastissimo. L’obiettivo è portare in salvo il maggior numero di vite possibile”. Non dorme da 38 ore e il suo cellulare non fa che squillare, ma l’adrenalina è tanta e Giuseppe Cannarile, comandante della Guardia Costiera di Lampedusa riesce a restare lucido. È lui a coordinare le operazioni che la scorsa notte hanno salvato la vita a 56 migranti finiti in acqua a largo dell’isolotto di Lampione, poco più di uno scoglio nel mare delle Pelagie.
Cosa sia accaduto realmente in questo viaggio della speranza che ancora una volta ha lasciato in acqua decine di vite umane non è chiaro. “Le persone soccorse – dice il comandante – raccontano che la barca ha ceduto”, ma del legno che avrebbe portato in Sicilia, dalla Tunisia, circa 130 tra uomini, donne e minori non c’è traccia. Per questo si valuta un’altra ipotesi terribile: “potrebbero essere stati portati vicini alle coste da un’imbarcazione – spiega – che li ha poi scaricati a poca distanza dall’isolotto costringendoli a gettarsi in mare”.
Ma la ricostruzione della dinamica dell’incidente, in questo momento, per Cannarile è secondaria. “La fase delle indagini è importante – afferma – ma ora quel che ci preme è salvare chi è rimasto in mare”. Le speranze che le 79 persone che mancano all’appello – il numero è dedotto dalla testimonianze dei superstiti, ma una sola vittima è stata trovata finora – diminuiscono col passare del tempo, anche se le forze impegnate nelle ricerche sono imponenti. Al momento a pattugliare un’area di circa 400 miglia quadrate sono un elicottero, un aereo, due motovedette della Capitaneria, una imbarcazione dei carabinieri e tre navi della Nato. “Proseguiremo anche di notte – dice Cannarile – abbiamo potenti proiettori per illuminare l’area”.
A dare l’allarme alla Guardia Costiera sono stati, ieri alle 18, i carabinieri che hanno ricevuto un sos dal cellulare di uno dei migranti a bordo. “Hanno detto che erano in difficolta” e dopo pochi minuti ci siamo messi in moto”, racconta. Sono partiti un elicottero e una motovedetta, ma gli uomini della Capitaneria non sono riusciti a vedere nulla. “Un’ora dopo – dice il comandante – si sono aggiunte altre due motovedette, poi due pattuglie della Finanza e successivamente tre navi della Nato. Era buio pesto. Solo verso le 2,30 siamo riusciti ad avvistare due uomini in mare e poco dopo gli altri. Una quarantina erano aggrappati agli scogli sull’isolotto di Lampione”. “Recuperarli – continua – è stato difficilissimo perche” non c’è una banchina vera e propria ed attraccare non è semplice”. Alla fine all’appello c’erano 56 persone.
“Finora – dice il comandante – abbiamo recuperato una sola vittima, un uomo”. I migranti erano senza vestiti, impauriti, infreddoliti. “Si sono spogliati – racconta Cannarile – perche” gli abiti appesantiti dall’acqua gli rendevano difficile nuotare”. Le ricerche continuano. “Noi non ci fermiamo – assicura l’ufficiale della Guardia Costiera – Finchè c’è speranza di trovare ancora qualcuno in vita, continuiamo”.