«Vivono un vero e proprio tormento interiore. Lo stress fisico e psicologico cresce ogni giorno di più, fino a diventare un macigno insostenibile, fino a condurli ad una decisione estrema che anni prima non avrebbero mai immaginato di poter prendere.
Si trovano di fronte ad una valorizzazione economica lontana anni luce, con uno stipendio che li relega addirittura alle soglie della povertà nel nostro paese, con la spada di Damocle dei rincari e dell’inflazione che, negli ultimi mesi, a fronte di retribuzioni ferme al palo da anni, non ha fatto altro che aggravare in modo esponenziale il disagio quotidiano che li affligge.
E poi ci sono le aggressioni subite nelle corsie da parte dei pazienti e dei parenti dei pazienti, che scatenano, su di loro, una rabbia incontrollata, una furia cieca, come in un incubo senza fine, con la totale mancanza di sicurezza nei luoghi dove lavorano, a causa di un sistema che non tutela in alcun modo i suoi professionisti migliori, quelli che i paesi stranieri vicini fanno a gara per assumere.
Cosa sta accadendo? Vi stiamo raccontando di quello “il quadro a tinte fosche” della vita di ogni giorno dei nostri infermieri italiani, prima di tutto uomini e donne, e poi professionisti, coloro che hanno combattuto gli ultimi due anni faccia a faccia con la morte, e che non hanno avuto un minimo di esitazione nello scegliere tra anteporre la salute dei cittadini rispetto alla loro.
Ebbene oggi, molti, moltissimi di loro, stanno decidendo di abbandonare la nostra nobile professione.
Noi lo denunciamo da 2 anni ormai, in tutte le piazze, ed ora lo asseverano gli autorevoli dati che emergono dall’indagine effettuata dallo studio della RN4CAST, (Registered Nurse forecasting in Europe), che tra i tanti Paesi su cui ha lavorato, ha effettuato sondaggi anche in Italia, lasciando emergere numeri e contenuti davvero preoccupanti.
In Italia il 36% degli infermieri dichiara di voler lasciare il luogo di lavoro entro 12 mesi; di questi il 33% dichiara di voler lasciare addirittura la professione, dato che corrisponde a circa l’11% del campione generale. Sono dati che riguardano una tendenza confermata anche da studi successivi effettuati in altri paesi del mondo, compresi gli Stati Uniti».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Gli infermieri impegnati nei nostri servizi, nei nostri reparti del servizio sanitario nazionale, vessati quotidianamente da una organizzazione che non li valorizza da tempo immemore, che non li considera, che li relega amaramente all’ultimo posto, meditano legittimamente, in un primo momento, di cambiare luogo di lavoro, chiedendo, magari, all’inizio, ad esempio, di lasciare il caos dei pronto soccorsi per trasferirsi in reparti dove sperano che le condizioni di lavoro possano essere meno stressanti e più dignitose per la loro professionalità.
Accade, però, che la maggior parte dei nostri professionisti si rende conto, dopo un po’ di tempo, anche secondo nostre indagini che portiamo avanti da tempo e che corroborano lo studio di cui parliamo, che nonostante i loro spostamenti ben poco è destinato a cambiare. Ed ecco che, quando si conferma il disagio dell’inadeguatezza nel riconoscere le loro qualità di professionisti da parte di un sistema sempre più lontano rispetto alle esigenze legittime degli operatori sanitari di casa nostra, si passa in quell’altra percentuale di chi vuole abbandonare addirittura e per sempre la nostra sanità, decidendo in modo irrevocabile di cambiare vita.
Siamo al 33%, un dato pauroso, preoccupante, che deve far tremare, soprattutto se si pensa che in Italia già mancano 85000 infermieri.
Fattori fondamentali di questa pericolosissima disaffezione che si genera negli infermieri italiani, tanto da condurli a dimissioni irrevocabili e volontarie, sono quelli che denunciamo da anni, ovvero organizzazioni manageriali inesistenti, condizioni economiche e contrattuali in alcun modo dignitose, stress che arriva allo spasimo fino ad arrivare ad esplodere in malattie vere e proprie come la sindrome di bourn-out.
Eccoli, e non sono certo solo questi, i fattori dell’abbandono della professione infermieristica, oltre a stipendi che non sono più in grado, per molte famiglie di operatori sanitari, di reggere l’impatto con i nuovi contraccolpi della crisi.
Arriviamo fino alla nostra recentissima denuncia sugli straordinari non pagati e sulle decine di giorni di ferie messe nel dimenticatoio e negate da mesi, con le nostre battaglie che porteranno gli infermieri, inevitabilmente, dagli ospedali alle aule dei tribunali.
Chiediamoci allora, come faceva il celebre professore Bellavista, personaggio partorito dalla mente dell’indimenticato genio di Luciano De Crescenzo, se davvero vale la pena vivere in questo modo. La risposta è amaramente scontata!», chiosa De Palma.