Ventiquattro anni di reclusione in primo grado, assolto “perché il fatto non sussiste” in Appello. Il caso dell’omicidio di Giuseppe Miceli, il marmista di Cattolica Eraclea ucciso il 6 dicembre 2015 all’interno del suo laboratorio in via Crispi, approda in Cassazione. L’udienza è stata fissata il 19 aprile alle ore 10. I giudici ermellini discuteranno il ricorso avanzato dal sostituto procuratore generale Giuseppe Fici che ha chiesto di annullare l’assoluzione di Sciortino e disporre un nuovo processo a suo carico. Alla richiesta si è associato anche l’avvocato Antonino Gaziano, legale dei familiari della vittima, anche al fine del risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dai prossimi congiunti di Miceli.
Sciortino, operaio di 59 anni, difeso dagli avvocati Santo Lucia e Giovanna Morello, venne condannato in primo grado a 24 anni di carcere dalla Corte di Assise di Agrigento. La procura di Agrigento aveva chiesto nei suoi confronti il carcere a vita. Nel giudizio di secondo grado, la Corte di Assise di Appello di Palermo, presieduta dal giudice Angelo Pellino, ha ribaltato completamente il verdetto disponendo l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” nei confronti dell’imputato. I giudici di Appello smontarono l’intero impianto accusatorio, escludendo anche la rapina come possibile movente. Adesso la Procura generale ha impugnato la sentenza di assoluzione chiedendo ai giudici ermellini di annullare l’assoluzione e disporre un nuovo processo per l’operaio. Diversi i motivi alla base del ricorso presentato in Cassazione dall’avvocato Antonino Gaziano, legale di parte civile: la violazione del principio del contraddittorio in relazione all’acquisizione dei dati meteo-storici del comune di Cattolica Eraclea; l’omissione della valutazione di prove testimoniali e documentali proprio su argomenti decisivi ai fini della riconducibilità dell’omicidio all’imputato; una errata valutazione sull’alibi fornito dalla moglie dell’imputato, ritenuto credibile dal tribunale e falso dagli inquirenti.
L’omicidio di Giuseppe Miceli (ad oggi) resta senza un colpevole. La vicenda risale alla fine del 2015 quando il cadavere del marmista fu rinvenuto all’interno del suo laboratorio. Chi ha agito lo ha fatto con estrema efferatezza, utilizzando come armi del delitto alcuni attrezzi e un’acquasantiera in marmo. Gaetano Sciortino venne arrestato dai carabinieri due anno dopo il delitto. Ad “incastrarlo” – secondo l’ipotesi accusatoria che ad oggi viene sconfessata – ci sarebbero stati alcuni elementi: il ritrovamento di una scarpa in un’area rurale la cui impronta sarebbe compatibile con quella repertata dai RIS sulla scena del crimine; il presunto pedinamento del giorno precedente e la distruzione di alcune punte da trapano da parte dei figli dell’imputato (intercettati) che appartenevano alla vittima.