I carabinieri del Reparto Operativo di Agrigento, agli ordini del tenente colonnello Salvo Leotta, e i militari dell’Arma della Compagnia di Cammarata, diretti dal capitano Vincenzo Bulla, con il coordinamento della Dda di Palermo, hanno eseguito una misura cautelare in carcere nei confronti di 3 persone ritenute responsabili di associazione di tipo mafioso. Una quarta è al momento irragiungibile. In manette sono finiti Giuseppe Comparetto, 86 anni, Gaetano Sedita, 70 anni, e Domenico Ligammari, 76 anni. Il quarto soggetto destinatario del provvedimento restrittivo, attualmente all’estero, è Pietro Perzia, 67 anni. Sia per Comparetto che per Ligammari sono stati disposti dal Gip gli arresti domiciliari per l’avanzata età. Altre quattro eprsone del luogo risultano indagate. Il blitz denominato “Alisciannira” colpisce la consorteria mafiosa operante ad Alessandria della Rocca. All’origine dall’attività investigativa l’omicidio di Pietro Chillura, perpetrato il 7 luglio del 2005, all’ingresso del cimitero di Alessandria della Rocca. Il delitto è maturato in un contesto esclusivamente mafioso. Chillura si sarebbe rifiutato di portare a termine un omicidio per conto della locale cosca. Un rifiuto e la manifestata insofferenza alle logiche dell’organizzazione mafiosa e soprattutto per una eventuale collaborazione con la giustizia che la vittima aveva accennato, hanno decretato la sua condanna a morte. Determinante per l’indagine i racconti dei collaboratori di giustizia della provincia di Agrigento, poi riscontrate dai carabinieri, tra il 2008 ed il 2009, e le dichiarazioni dei familiari della vittima, a madre e la sorella, che hanno hanno dato un importante contributo informativo sulla locale cosca mafiosa e di quelle operanti nella Bassa Quisquina. Le due donne sotto protezione da alcuni anni, si trovano attualmente in una località segreta.

L’omicidio di Pietro Chillura


Pietro Chillura, 58 anni, incensurato, lavoratore socialmente utile per conto del Comune di Alessandria della Rocca venne ammazzato da due sicari con due colpi di lupara. Era appena uscito dalla sua Fiat Punto per prendere servizio al camposanto del paese, quando è stato raggiunto da un primo colpo al fianco. Poi è stato finito con un procedimento prettamente mafioso: una scarica di lupara alla faccia. Le indagini si sono da subito presentati difficili, visto che l’uomo, tranne qualche problemino con alcune donne, aveva sempre rigato dritto. I militari dell’arma per l’omicidio all’inizio delle indagini, oltre alla pista di stampo mafioso, non scartarono il movente passionale per una storia vecchia di 30 anni.