I rapporti parentali non rilevano ai fini dell’attribuzione della qualifica di agente di pubblica sicurezza ad un vigile urbano. Lo ha deciso la Corte Costituzionale nell’ambito di un giudizio promosso da un agente della Polizia Municipale di Canicattì che si era vista negare da parte della  Prefettura di Agrigento la qualifica di agente di pubblica sicurezza per effetto di alcuni rapporti parentali con soggetti ritenuti affiliati alla mafia, sebbene deceduti da tempo. Il vigile urbano aveva allora proposto un ricorso davanti al Tar Sicilia, con il patrocinio dell’avvocato Girolamo Rubino, sostenendo che l’attribuzione delle funzioni di pubblica sicurezza al personale addetto alla polizia municipale è attività vincolata, subordinata al mero accertamento dei requisiti tassativamente prescritti. Il Tar ha trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale, sollevando d’ufficio la questione di legittimità costituzionale afferente la norma suindicata della legge quadro sulla polizia municipale.