Ancora un’udienza ieri davanti alla seconda sezione penale del Tribunale presieduta dal giudice Alba Sammartino, dedicata al processo per lesioni e stalking a carico del cantante neomelodico quarantunenne Gianni Vezzosi. Ma si è trattata di un’udienza breve e formale, conclusasi col rinvio al 17 luglio, quando sarà interrogato Vezzosi, il quale si è sempre protestato innocente e mostrato propenso a parlare, pur avendo la facoltà di sottrarsi all’interrogatorio. Ma è stato il dopo-udienza a contenenere una novità che si è rivelata felice per il cantante, che fino a quel momento si trovava agli arresti domiciliari (dopo aver subito una carcerazione preventiva durata tre mesi): il presidente Sammartino, accogliendo la richiesta presentata a fine udienza dai suoi difensori – avvocati Ruggero Razza e Giampiero Alfarini – nel pomeriggio ha sciolto la riserva ed ha depositato in cancelleria un provvedimento con cui ha disposto la scarcerazione immediata di Gianni Vezzosi “rilevando la condotta assunta dall’imputato durante la detenzione domiciliare e le nuove evenienze intervenute nei rapporti processuali relative ai fatti che hanno dato origine ai dissidi tra le stesse”.

In sostanza il giudice ha tenuto conto del fatto che, nel corso dello svolgimento del processo, Vezzosi ha riconosciuto il figlio naturale concepito con Luigia Luisa Consoli, la donna che assieme a al suo amico Samuele Bombaci lo ha portato alla sbarra. Vezzosi ha anche accettato di versare un assegno mensile di 300 euro per contribuire al mantenimento del piccolo. La circostanza è stata ritenuta rilevante perché nell’impianto accusatorio il motivo che avrebbe indotto il cantante prima a perseguitare e minacciare la donna per poi far picchiare Bombaci sarebbe stato proprio il rifiuto di Vezzosi ad assumersi le sue responsabilità nei confronti del bambino. Nell’udienza di ieri, prima di decidere la data del rinvio, è stata ascoltata la testimonianza di un brigadiere dei carabinieri del nucleo radiomobile che nel dicembre scorso, intervenne dopo che Samuele Bombaci fu pestato a sangue da due soggetti che secondo l’accusa furono mandati dal cantante. Il brigadiere ha detto di avere incontrato la Consoli sul luogo del pestaggio.


Nel frattempo, tra un’udienza e l’altra, ricordiamo che è accaduto un fatto sconcertante: proprio Consoli e Bombaci, appena poche settimane fa, mentre si attendeva la successiva udienza del processo a Vezzosi, sono stati arrestati dalla squadra mobile per avere derubato l’avvocatessa che li assisteva saltuariamente (in sostituzione dell’avvocato Enzo Trantino) proprio nel procedimento contro Vezzosi; secondo quanto appurato, lui rubò i gioielli della professionista e lei invece li rivendette poco alla volta in varie negozi compro-oro, usando la propria carta di identità. All’avvocatessa furono rubati tutti i gioielli che possedeva e poi, a quanto pare, le fu chiesta una somma di denaro per la restituzione di parte della refurtiva. Chiaro che l’avvocato Trantino, dopo il fatto, ha rimesso il mandato, sicché i due presunti complici hanno cercato altri due avvocati disposti ad assisterli durante il processo Vezzosi. Laila Consoli ha già nominato l’avvocato Francesca Pennisi che già ieri si è presentata in udienza.

Bombaci invece ieri non si è neppure presentato in aula. Dopo l’arresto per furto, il 22 giugno scorso, i due furono trasferiti in carcere e dopo pochi giorni ottennero gli arresti domiciliari, revocati successivamente dal Tribunale del Riesame, la cui decisione è stata però impugnata dalla Procura della Repubblica. Comunque vadano le cose e fino a prova contraria, i due affronteranno il processo per furto a piede libero, continuando intanto ad accusare Gianni Vezzosi; non è improbabile però, che alla luce del furto dei gioielli, la loro credibilità come accusatori del cantante neomelodico possa vacillare; e di questo sono convinti i difensori di Gianni Vezzosi, i quali oltretutto, sin dall’inizio del processo, quindi ancor prima che fosse commesso il furto, hanno incentrato buona parte della linea difensiva proprio su alcune contraddizioni in cui le due parti civili sarebbero cadute.

“Questo processo – sostengono i difensori – è basato sulle dichiarazioni di Consoli e Bombaci, ma non c’è una sola prova che dimostri la colpevolezza del nostro assistito; chiederemo la sua assoluzione”. Nelle precedenti udienze, oltre ad alcuni testimoni, hanno deposto sia Laila Consoli, sia Bombaci, che hanno ribadito di aver visto Gianni Vezzosi, descrivendo finanche i capi di abbigliamento che indossava, in piazza Santo Spirito poco prima del pestaggio. Secondo la loro versione il cantante era seduto sul sedile posteriore di una Yaris di color grigio dalla quale scesero i due picchiatori che ridussero Bombaci in gravi condizioni. Anzi, secondo quanto Bombaci ha riferito, i violenti, dopo averlo steso, gli dissero: “Queste (ndr: le bastonate) te le manda Vezzosi e se non ritratti ti stacchiamo la testa e la diamo in pasto ai porci”. Ma la difesa di Vezzosi, producendo anche una documentazione tecnica sulle celle telefoniche d’aggancio, sostiene che quando Bombaci fu picchiato, il cantante si trovava nella parte opposta della città, ossia al viale Rapisardi, circostanza poi confermata da un teste che ha già deposto in aula.