Riceviamo e pubblichiamo in versione integrale da parete di Ignazio Nicosia, per molti Don Ignazio. Abbiamo ritenuto giusto dare questo spazio a quello che anche per noi è Don Ignazio premettendo che qualora ci fosse qualcuno che volesse replicare o puntualizzare quanto contenuto in questa missiva, la nostra testata darà egli lo stesso spazio a disposizione

Sono Don Ignazio Nicosia, sacerdote, nella consapevolezza che l’ordinazione ricevuta non è mai divenuta nulla: “Tu es sacerdos in Aeternum”.


Conservo vivo l’insegnamento e l’esempio di Cristo, il concetto di sopportazione e di giustizia.

Il mio “calvario”, inizia da lontano e raccontarlo mi costa tanta sofferenza.

Era il 2001 quando, io seminarista dell’Arcidiocesi di Agrigento, venni informato da un mio compagno, seminarista anch’egli, che, unitamente ad altri sei giovani, era e veniva abusato da un sacerdote dalla stessa Arcidiocesi.

Parlai con lui e lo convinsi a superare qualsiasi paura e denunciare l’accaduto.

Questo fece e, insieme ai genitori, denunciarono il tutto ai Carabinieri.

Io fui chiamato come persona informata sui fatti, dal sostituto procuratore della Repubblica Caterina Sallusti e dal Capitano dei Carabinieri della Stazione di Agrigento, Dott. Franchi, che mi interrogarono.

Il sacerdote che aveva abusato i ragazzi, patteggiò una condanna a tre anni, con interdizione perpetua dai pubblici uffici e dalla cura dei minori.

Intorno a me si creò un clima ostile e di persecuzione da parte di alcuni della Chiesa Agrigentina, tanto che, per essere ordinato, decisi di trasferirmi nella Diocesi di Lamezia Terme, ove il 29 giugno 2007 ricevo l’ordinazione diaconale ed il 21 Novembre dello stesso anno l’ordinazione presbiterale dal Vescovo di Lamezia Terme.

Il Tribunale Ecclesiastico Siculo, mi chiamò come testimone nel processo canonico che era stato iniziato contro il prete che aveva abusato, solo sei anni dopo, nel 2013 e testimoniai, nonostante il mio Vescovo di Lamezia  non volesse che mi presentassi.

La mia salute era ormai stata irrimediabilmente e gravemente minata, con patologie gravi di cui tutt’ora soffro, ma, con entusiasmo, andai a svolgere il ministero sacerdotale a San Manco D’Aquino.

In seguito, per completare i miei studi di psicologia ma, soprattutto per motivi di salute, chiesi al Vescovo la licenza di ritornare in Sicilia e, al contempo, scrissi a S.E. il Card. Francesco Montenegro per essere accolto come ospite nella mia Arcidiocesi di origine.

Quest’ultimo mi diede il suo diniego, ed anzi, mi fece recapitare una lettera, datata 29/01/2013, in cui, inspiegabilmente, limitava notevolmente il mio Ministero Presbiterale nella detta Diocesi.

Alla fine del 2017, mi trovo protagonista di un processo amministrativo canonico intentato dal Vescovo di Lamezia, Mons. Cantafora, nei miei confronti, con i seguenti capi di accusa: “disobbedienza” (cann. 273 e 1371 n. 2), “amministrazione di beni di laici, fideiussione e firme di cambiali” (can. 285, § 4), “esercizio di attività affaristiche e commerciali” (can. 286 e 1392) e generica “violazione di una norma non penale” (can. 1399).

Un vero “calvario processuale amministrativo”, infarcito da accuse rimaste non provate.

Mi permetto, di dirVi, con umiltà, che sono in grado di potere dare adeguata ed esaustiva prova documentale a chicchessia, che non ho mai commesso nulla che mi si è contestato.

Nonostante ciò, il detto procedimento amministrativo, applicato senza che ne ricorressero i presupposti, secondo “Le Seconde Facoltà Speciali”, non in contraddittorio tra le parti e in violazione di un sacrosanto principio giuridico di difesa, ha  portato all’esito noto a voi tutti, della mia riduzione allo stato laicale, con la palese sproporzione tra le accuse mosse e rimaste sfornite di prove e la sanzione.

Sono l’unico nel mondo ad avere subito un siffatto processo in base a tali accuse!

Ma l’insegnamento di Gesù mi dice che la forza devo trovarla dentro di me, non mi fermo, non mi arrendo, continuerò nella pacifica battaglia di verità e di giustizia.

Ad oggi, avendo inoltrato al Santo Padre richiesta di una “benevola revisione” del citato provvedimento, sono in attesa di ciò, nutrendomi della stima di tutti i fedeli e tenendo, al contempo, un adeguato e giusto comportamento di uomo di fede, con una vocazione che sento ancora forte e salda dentro di me.

In fede

Ignazio Nicosia