Una grande folla di manifestanti e rappresentanti della società civile si è adunata per il ventennale della strage del 19 luglio del 1992 in via D’amelio, nella quale vennero uccisi il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta: Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli. Una tragedia che ancora porta con sé ombre, perplessità e interrogativi.

“Carissimi giovani, mi rivolgo a voi come ai soli in grado di raccogliere davvero il messaggio che mio marito ha lasciato”, ha detto Agnese Borsellino, vedova di Paolo. “Dopo alcuni momenti di sconforto ho continuato e continuerò a credere e rispettare le istituzioni di questo Paese come mio marito sino all’ultimo ci ha insegnato.
Non indietreggiando nemmeno un passo di fronte anche al solo sospetto di essere stato tradito da chi invece avrebbe dovuto fare quadrato intorno a lui. Io non perdo la speranza in una società più giusta e onesta. Sono anzi convinta che sarete capaci di rinnovare l’attuale classe dirigente e costruire una nuova Italia”.

Alle 16.58, esattamente 20 anni dopo il boato dell’esplosivo che uccise Borsellino e gli agenti della scorta, è piombato il silenzio. I manifestanti, magistrati, esponenti delle forze dell’ordine e della società civile, politici, assorti per un minuto hanno ricordato così l’eccidio.

Dal palco il movimento delle agende rosse ha dato delle indicazioni precise ai manifestanti nel caso si presentino politici in via D’Amelio: sollevare in segno di protesta l’agenda rossa dando le spalle ai presenti. Lungo le inferriate dei palazzi che costeggiano le strade sono affissi diversi cartelli che difendono i pm che indagano sulla presunta trattativa Stato-mafia.

Nonostante questo, molti gli esponenti del mondo politico presenti nel capoluogo per ricordare l’eccidio in diverse manifestazioni: tra questi, il presidente della Camera Gianfranco Fini, il segretario del Pdl, Angelino Alfano, il leader dell’Idv Antonio Di Pietro, il coordinatore nazionale del Pdl Ignazio La Russa, il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Appena Fini è arrivato in via Mariano D’Amelio, i manifestanti hanno alzato le agende rosse al cielo rimanendo in silenzio. “Ho assoluto rispetto per i giovani delle Agende rosse e non sono venuto qui per avere consensi”, ha commentato lui.

“Noi non siamo qui per un giudice morto, siamo qui per dei giudici vivi”. Così Salvatore Borsellino ha salutato la folla raccolta davanti al palco di via D’Amelio dove sono previsti interventi dei magistrati per ricordare Paolo Borsellino. “La Procura di Palermo è una delle più impegnate nella ricerca della verità sulle stragi – ha aggiunto Borsellino -. E’ possibile che la strada per la ricerca sia interrotta da questa improvvida iniziativa della più alta istituzione dello Stato, ma siamo qui per chiedere che tutti i magistrati siano partigiani della Costituzione e per dare loro sostegno”.

“Se ci fosse stata una condivisione anche da parte di organi istituzionali, non ci sarebbero voluti 20 anni per un’indagine che, oltre tutto, è ancora incompleta”, ha detto il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, appena arrivato in via D’Amelio. Ingroaia ha ribadito che non c’è “nessuna polemica contro il capo dello Stato. Napolitano ha sollevato una questione giuridicamente controversa. Noi riteniamo di avere operato correttamente ma sarà la Consulta a trovare una soluzione condivisa. Quello che non dobbiamo perdere di vista è l’obiettivo più importate e cioè l’accertamento della verità”.

Il presidente del Consiglio Mario Monti ha inviato una lettera, attraverso il prefetto di Palermo, ai familiari delle vittime della strage di via D’Amelio. “L’insegnamento di chi ha sacrificato la sua vita – ha scritto il premier nella missiva letta al convegno organizzato per ricordare l’eccidio – non appartiene al passato, ma è ancora vivo”. Monti ha espresso ai familiari delle vittime a nome suo e del governo “commossa partecipazione” nel giorno del ricordo del “barbaro e crudele episodio”. “Lo Stato e i cittadini onesti non hanno dimenticato – e non dimenticheranno mai – chi ha sacrificato la vita per affermare legalità e giustizia contro la mafia. Gli ideali di Paolo Borsellino sono oggi più vivi e più diffusi che mai, soprattutto tra i giovani, grazie al suo insegnamento e al suo esempio”, ha affermato Monti.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato il seguente messaggio all’odierna commemorazione promossa dall’Associazione nazionale magistrati a Palermo: “Desidero far giungere in quest’Aula nella quale si commemora e si onora la figura di Paolo Borsellino, l’espressione – innanzitutto – della mia rispettosa e affettuosa vicinanza alla signora Agnese. Il 23 maggio scorso, ella volle – nell’impossibilità di partecipare di persona alla grande cerimonia nell’Aula Bunker – indirizzarmi una lettera di commovente, generoso apprezzamento per il mio operato di presidente della Repubblica, e dirmi il suo conforto per aver visto diventare Borsellino e Falcone dei ‘simboli per i giovani e le persone oneste di buona volontà’.

E la lettera si concludeva con un riferimento a ‘quello Stato in cui mio marito ci ha insegnato a credere malgrado tutto e tutti’, volendo che io sapessi come ella ‘fino all’ultimo giorno della sua vita attenderà con pazienza di conoscere le ragioni per cui suo marito morì e i motivi per i quali nei primi anni dopo la strage è stata costruita una falsa e distorta verità giudiziaria’. Quale secondo terribile dolore è stata per lei e per i suoi figli, signora Agnese, quella contraffazione della verità! E quale umiliazione è stata per tutti noi che rappresentiamo lo Stato democratico! Si sta lavorando, si deve lavorare senza sosta e senza remore per la rivelazione e sanzione di errori ed infamie che hanno inquinato la ricostruzione della strage di via D’Amelio. Si deve giungere alla definizione dell’autentica verità su quell’orribile crimine che costò la vita a un grande magistrato protagonista con Giovanni Falcone di svolte decisive per la lotta contro la mafia.

Questo è l’imperativo oggi a distanza di vent’anni; questo è il nostro dovere comune, anche verso Agnese, Lucia, Manfredi, Fiammetta, e verso i famigliari – che ci sono egualmente cari – di Emanuela Loi, di Agostino Catalano, di Eddie Walter Cosina, di Vincenzo Li Muli, di Claudio Traina. E tanto più si riuscirà a vincere questa dura e irrinunciabile battaglia di giustizia, quanto più si procederà sulla base di analisi obbiettive e di criteri di assoluto rigore. Come ha fermamente dichiarato il presidente del Consiglio Monti “non c’è alcuna ragion di Stato che possa giustificare ritardi nell’accertamento dei fatti e delle responsabilità”, ritardi e incertezze nella ricerca della verità specie su torbide ipotesi di trattativa tra Stato e mafia. E proprio a tal fine è importante scongiurare sovrapposizioni nelle indagini, difetti di collaborazione tra le autorità ad esse preposte, pubblicità improprie e generatrici di confusione. Su ciò deve vegliare tra gli altri il presidente della Repubblica, cui spetta presiedere il Consiglio Superiore della Magistratura: e deve farlo, come in questi anni ha sempre fatto, con linearità, imparzialità, severità”.