“Spero che questa sentenza non si trasformi nel colpo di spugna finale al metodo Falcone, perchè da due decenni siamo testimoni in un’instancabile opera di demolizione del lavoro della magistratura siciliana, iniziato dal pool antimafia di Falcone e Borsellino e proseguito dopo la loro morte”.

Il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, in un’intervista al Fatto Quotidiano commenta la sentenza della Cassazione sul caso del senatore del Pdl, Marcello Dell’Utri. Sulla sentenza, Ingroia afferma che “i giochi sono ancora aperti perchè questa non è una sentenza di assoluzione – precisa – e tutto si deciderà nel nuovo processo, c’è amarezza con la coincidenza del ventennale della morte di Falcone e Borsellino”.


“Siamo in una fase molto delicata di acquisizione di nuove verità – prosegue il procuratore – sulle stragi e sui depistaggi. È triste assistere, proprio in questo anno, al montare di un nuovo revisionismo politico-giudiziario sulla stagione di Falcone e Borsellino”.

Il procuratore si dice meno sorpreso della sentenza “conoscendo la cultura della prova del presidente Grassi, che è completamente lontana dalla mia”.

Dire che al concorso esterno non crede più nessuno fa a pugni con tante sentenze ormai definitive”, precisa Ingroia che prova a spiegarsi la sentenza del pg Iacoviello con la volontà di sottolineare che “l’annullamento con rinvio non equivale ad una dichiarazione di innocenza dell’imputato” ma “alcuni suoi passagi ed espressioni un pò forti – aggiunge – appaiono incoerenti con questa conclusione”

Dalle pagine di un altro quotidiano nazionale “La Repubblica” parla il procuratore capo di Torino ed ex procuratore capo di Palermo, Giancarlo Caselli: “La requisitoria del sostituto procuratore generale della Cassazione Iacoviello non ha ferito solo me ma Giovanni Falcone che ha teorizzato e concretizzato nei maxiprocessi il concorso esterno in associazione mafiosa. Le affermazioni di Iacoviello sono quantomeno imbarazzanti”.

Gli avvocati penalisti – con una nota delle camere penali – difendono la Cassazione e il pg della Suprema corte Francesco Iacoviello e ritengono fuori luogo e sprezzanti le critiche rivolte da giudici antimafia di prima linea, come Antonio Ingroia e Giancarlo Caselli, alla requisitoria del Pg che ha suonato la campana a morto per il concorso esterno in associazione mafiosa definendolo “un reato al quale non crede più nessuno”.

Il pg Iacoviello, ad avviso dei penalisti, è stato oggetto di un “attacco virulento per avere osato valutare un reato dagli incerti confini sulla cui conformazione la dottrina, con buona pace dei nuovi e vecchi crociati della giustizia a furor di popolo, esprime dubbi da decenni”.

Per l’Ucpi, è “grave registrare attacchi, venati da sprezzante qualunquismo, al giudizio di legittimità e agli uffici che lo amministrano. Il dottor Caselli, si è spinto a citare una frase di Gaetano Costa secondo il quale il funzionario onesto che vuole combattere i soliti onorevoli, usi a trescare con le cosche mafiose, rischia sempre che a Roma qualcuno gli rivolti la frittata”.

E’ una citazione “fuori luogo e imbarazzante per un magistrato se rivolta a un collega ovvero a un ufficio giudiziario. Doppiamente imbarazzante – proseguono i penalisti – è sentire dire da altri, come il pm Ingroia, a proposito del Presidente del collegio che ha annullato con rinvio la sentenza Dell’Utri, che la decisione è coerente con la giurisprudenza di chi ha avuto come maestro Carnevale, mentre c’è chi ha avuto Falcone e Borsellino”.

Qui l’imbarazzo è “non solo per l’intolleranza verso la funzione giurisdizionale ma anche per il richiamo dispregiativo verso un magistrato, come Corrado Carnevale, per il quale neanche l’assoluzione e la reintegrazione servono ad evitare insinuazioni”.