Relativamente al potenziale produttivo, un recente rapporto della Rete Rurale Nazionale 1 (Rrn1) evidenzia che il vigneto dell’Ue dall’inizio del nuovo millennio ha mostrato una dinamica articolata in termini di superficie complessiva e di altri elementi strutturali. In termini di superficie complessiva si rileva una modesta riduzione tra il 2007 e il 2020. La superficie dei paesi produttori passa da circa 3,5 a 3,1 milioni di ettari.

La situazione in Italia


La superficie vitata nazionale nel nuovo secolo risulta diminuita del 15% passando dai 792.440 ettari del 2000 ai 675.135 del 2023. Questa diminuzione complessiva è tuttavia il risultato di una evoluzione in più fasi che ha visto prima una diminuzione della superficie dal 2000 al 2015, anno nel quale la superficie a inventario era scesa a 637.634 ettari, valore minimo nel nuovo secolo, per poi crescere fino al 2020, anno nel quale la superficie si è sostanzialmente stabilizzata sul livello attuale salvo variazioni positive molto limitate.

L’evoluzione a livello regionale

L’analisi dell’evoluzione delle superfici investite nelle singole regioni ha seguito tuttavia percorsi molto differenziati, con regioni che mostrano al 2023 una superficie investita superiore a quella di inizio secolo e altre che invece hanno visto la loro superficie diminuire.

Le regioni con una superficie investita in aumento

Le regioni che hanno visto crescere la superficie investita sono quelle del Nord Est: Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Trentino- Alto Adige. In queste tre regioni la superficie investita è cresciuta nel nuovo secolo del 37%.

Queste regioni, pur con caratteristiche strutturali molto diverse, hanno beneficiato del grande successo internazionale del varietale Pinot Grigio e degli spumanti a denominazione da Glera. Più in dettaglio, si può osservare che a partire dall’anno di attuazione del regime delle autorizzazioni, ossia dal 2016, mentre nel Trentino-Alto Adige si assiste a una sostanziale stabilizzazione del potenziale (tasso annuo di crescita 0,4%), in Veneto e in Friuli-Venezia Giulia il tasso annuo di crescita è stato del 4%, quindi quadruplo di quello che sarebbe stato consentito dal rilascio delle autorizzazioni amministrative.

Le regioni con una superficie investita in diminuzione

Tra le regioni che mostrano invece una diminuzione della superficie investita nell’arco di tempo considerato è possibile individuare tre gruppi distinti in base all’entità della riduzione del potenziale regionale.

Primo gruppo: Abruzzo, Toscana, Lombardia, Piemonte e Emilia-Romagna.

Un primo gruppo è quello delle regioni nelle quali la superficie diminuisce meno della media nazionale. Si tratta di cinque regioni del Centro Nord: Abruzzo, Toscana, Lombardia, Piemonte e Emilia-Romagna. Si tratta di un gruppo eterogeneo per orientamento produttivo trovandosi insieme due regioni nettamente orientate all’alta gamma, come Toscana e Piemonte, e due regioni orientate a produzioni popular premium come Abruzzo e Emilia-Romagna.

Secondo gruppo: Sicilia, Sardegna, Puglia , Marche, Umbria e Valle d’Aosta

Un secondo gruppo è quello delle regioni con una diminuzione della superficie investita compresa tra la media nazionale (15%) e il doppio della media nazionale (30%). In questo gruppo si trovano le isole, le maggiori regioni centro meridionali adriatiche, Puglia e Marche, e anche Umbria e Valle d’Aosta. In particolare la Sicilia registra, confrontando il 2023 con il 2000, una diminuzione del – 29,8% e il 2023 con il 2025 del -3,2%.

Terzo gruppo: Liguria, Lazio, Basilicata, Calabria, Molise e Campania

Infine, il terzo gruppo è quello con una riduzione della superficie superiore al 30% dove si trovano le restanti regioni del centro sud, insieme a Liguria e Lazio, regioni che hanno visto più che dimezzata la loro superficie investita. Anche le regioni del secondo e terzo gruppo sono molto eterogenee dal punto di vista dell’orientamento produttivo e strutturale e pertanto la contrazione della superficie investita ha ragioni che sono diverse da caso a caso. Da una parte ci sono regioni come la Liguria e la Valle d’Aosta, dove rilevanti sono i problemi legati ai costi di produzione elevati, data la particolare orografia delle aree vitate; dall’altra ci sono regioni dove la coltivazione è più agevole ma difficile risulta la relazione con il mercato.