In Sicilia ormai è una scena abituale: laurea in tasca, biglietto di sola andata per il Nord Italia o per l’estero. Nel 2023 dall’isola sono partite circa 15 mila persone, molte delle quali giovani ad alta scolarizzazione, spinte da un mercato del lavoro asfittico e da prospettive di carriera considerate quasi nulle sul territorio regionale . Dietro questa emorragia silenziosa non c’è solo la “voglia di fare esperienza fuori”, ma un insieme di cause strutturali che fanno della Sicilia uno degli epicentri italiani del brain drain, ossia la “fuga dei cervelli”.

Al cuore del problema c’è un dato che pesa come un macigno: la disoccupazione giovanile sfiora un terzo della popolazione attiva under 30, con un tasso di NEET (chi non studia e non lavora) tra i più alti d’Europa . A ciò si aggiunge un tessuto produttivo frammentato, dominato da microimprese poco capitalizzate, raramente in grado di offrire contratti stabili e percorsi di crescita ai laureati. I bandi per ricerca e innovazione esistono, ma sono spesso episodici, burocraticamente complessi e poco coordinati con il mondo dell’impresa, come segnala anche la letteratura scientifica sul legame tra brain drain e scarsi investimenti in R&S nel Mezzogiorno . Ne deriva un paradosso: le università siciliane formano competenze che finiscono per alimentare la competitività di altre regioni europee.


Se si guarda oltre lo Stretto, il confronto con altre aree dell’Unione appare impietoso. La Commissione europea denuncia da anni il rischio di “trappola demografica” per le regioni in ritardo di sviluppo, ma molte di esse, a differenza della Sicilia, hanno iniziato a reagire con strategie mirate per trattenere giovani e talenti . In Andalusia, per esempio, la trasformazione è passata per una scelta precisa: puntare sulla tecnologia. Con iniziative come ol Parque Tecnológico de Andalucía, la regione spagnola ha costruito un ecosistema capace di attrarre imprese ICT e occupazione qualificata, fino a rappresentare circa il 12% dell’occupazione tecnologica in Spagna .

Ma infrastrutture e incentivi non bastano: l’Andalusia ha lavorato anche sull’immagine. Le campagne digitali dell’ente turismo raccontano un territorio non solo conveniente per le imprese, ma desiderabile per chi ci vive, puntando su clima, costi contenuti e alta qualità della vita . Esattamente il tipo di narrazione di cui la Sicilia, pur avendo un patrimonio naturale e culturale straordinario, non si è ancora dotata in modo sistematico.

Sul fronte normativo, poi, la distanza si vede ancora di più guardando a nord-est, verso Tallinn. L’Estonia, piccolo Stato baltico con una popolazione inferiore a quella siciliana, ha scelto di trasformarsi in una piattaforma digitale globale: con il programma di e-Residency consente a imprenditori di tutto il mondo di ottenere un’identità digitale, aprire e gestire un’azienda online e accedere ai servizi pubblici estoni completamente da remoto . Nel 2024 questo sistema ha attirato un numero record di e-residenti e ha generato entrate fiscali significative, dimostrando che l’innovazione può diventare leva di sviluppo economico anche se riferita a contesti contenuti dal punto di vista demografico.

La Sicilia, dal canto suo, dispone di uno Statuto speciale che le riconosce ampi margini di autonomia legislativa e finanziaria, inclusa la possibilità di intervenire su tributi regionali come l’IRAP e addizionali IRPEF, pur nel rispetto della disciplina sugli aiuti di Stato . Eppure, questa autonomia è stata sinora sfruttata solo in parte sul terreno dell’attrattività per PMI giovani e startup innovative. In un contesto in cui l’Unione offre cornici chiare per incentivi de minimis e per sostegni mirati a ricerca e innovazione , la regione potrebbe sperimentare regimi più aggressivi per chi investe sul territorio e assume laureati locali, collegando la leva fiscale a obiettivi espliciti di contrasto al brain drain.

La domanda, a questo punto, non è più se la Sicilia possa essere in grado di cambiare rotta, ma quanto ancora possa permettersi di non farlo. Perché ogni biglietto di sola andata non è soltanto una storia personale che si sposta altrove: è un pezzo di futuro collettivo che l’isola regala al resto d’Europa.

Elio Ficarra, ex consigliere comunale di Palermo