Siamo messi male. Grande è la sofferenza dell’Italia e quindi degli italiani, specialmente per i ceti sociali medio bassi, economicamente parlando. Giorno dopo giorno, come si dessero appuntamento nell’immensa piazza della crisi economica e sociale, spuntano nuovi dati che descrivono il disagio e la paura del futuro di uomini e donne in carne ed ossa che soffrono per la perdita del lavoro o per la disperazione di un lavoro mai trovato, per il ridimensionamento dei loro diritti in una società europea che scivola velocemente verso la povertà e che teme per i propri figli. La paura regna sovrana e le politiche di austerità non fanno presagire niente di buono nemmeno per il futuro prossimo, anzi aumentano la sfiducia verso la politica dell’Italia prima e dell’Europa poi. Perché la dimensione della crisi è l’Europa e dovrebbe essere l’Europa la soluzione possibile. L’unica al punto in cui ci ritroviamo. Ma tarda ad arrivare. E’ quasi assente nelle decisioni più importanti.
Su questa tematica sono nate due scuole di pensiero, sui media ma soprattutto sui governanti. La prima è che una nazione come la Germania, anello più forte dell’Europa, vorrebbe rappresentare solo la sua grandezza al punto di sostituirsi ad essa e dirigerla come un impero tutto suo. Ma una potenza che non è più cosciente di sé, mentre galoppa sulle proprie ambizioni e difende solo i propri interessi piuttosto che di tutti gli Stati membri, non sarà mai la più rassicurante delle nazioni. Non si può contrarre matrimonio, in questo caso quello delle nazioni europee, partendo dal presupposto che in una famiglia c’è la moglie che deve solo ubbidire agli ordini del marito, dei figli ricchi che devono diventare sempre più ricchi e quelli poveri sempre più poveri ed anzi, questi ultimi, devono sorreggere pure il peso dei fratelli più grossi e grassi. Niente di più sbagliato, quindi, tanto vale nemmeno fidanzarsi. Nessuna nazione della mancata realizzazione degli Stati Uniti d’Europa potrà mai dire di conoscere se stessa se non accetta di specchiarsi nelle altre, piuttosto che rispecchiare solamente la propria vana gloria.
La seconda è che il nostro primo ministro è tendenzialmente di destra ed ha pure spaventato persino la destra tedesca, per le sue prese di posizione sulla necessità che i Governi si rendano autonomi dai parlamentari, e quindi dal volere popolare, come successo nel 1933 quando il Parlamento tedesco fu costretto a votare una legge che delegava al governo l’attività legislativa ed amministrativa, cosicché il Parlamento non ebbe più motivo di riunirsi. Evidentemente, dicono quelli che questo pensano, i tedeschi non hanno dimenticato la parte vergognosa della loro storia mentre Monti, tecnocrate del capitale finanziario e super liberista per quanto concerne i mercati, ritiene che la democrazia sia solo un optional. Lo dimostra anche il fatto che ha appena imposto la fiducia in Parlamento sulla “Spending Review” – la ventinovesima in 9 mesi. Oltretutto il premier non è forse diventato senatore e Presidente del Consiglio senza mai essersi misurato con un’elezione?
Ebbene, per una volta tanto non voglio esprimermi sulle due “scuole di pensiero” e lascio al lettore la facoltà di stabilire dove abita la verità, o presunta tale. Ciò che mi preme dire è una cosa sola: la Storia, spesso, si fa presto a dimenticarla…Ed è questo che mi fa più paura.

Salvatore Ferrara