Monti vede la luce in fondo al tunnel, Napolitano vede il buio del tunnel, Draghi vede solo il tunnel, mentre Bersani, Casini e Alfano non vedono nemmeno il tunnel. Invece il macchinista del treno vede solo tante persone sedute sui binari. Insomma siamo di fronte al Tunnel di Babele, con la consapevolezza che caduto il tunnel, così come cadde la biblica torre, a rimanere sotto le macerie sarà solo la maggior parte del popolo.
Imprese che chiudono a ritmo spaventoso, tragico aumento della disoccupazione, giovani senza lavoro e senza nessuna prospettiva futura, famiglie che non sanno più cosa mettere nel piatto e come mandare i figli a scuola. Giustificare tutto questo con la scusante della crisi mondiale, come fa la nostra classe dirigente, è fuorviante perché seppure in contesto europeo incerto, l’economia mondiale continua a crescere mentre da noi si va a ritroso sempre di più e con un sadismo che non ha eguali. E lo dimostra il fatto che, come già avevo preannunciato un mese fa su queste colonne, a settembre il governo ci propinerà un’altra finanziaria, con ulteriori tagli e stangate varie. Lascio all’immaginazione del lettore chi sarà a pagare.
Siamo dunque in piena recessione e le ricette fin’ora adottate sono state inutili, o comunque sbagliate, nonostante l’approvazione dello “Speding Review” con la trentaquattresima fiducia (che significa sfiducia nel Parlamento) stiamo ugualmente precipitando più in basso di quanto si pensasse. Malgrado ciò non si vede uno straccio di politica per il rilancio dell’economia, tanto che la ministra Fornero preannuncia già un autunno caldo. E se lo dice lei significa che non vedremo uno straccio di politica industriale a tutto campo e che includa anche quella dei servizi e degli sgravi fiscali per il rilancio della domanda; niente supporto al settore turistico, unico ancora attivo della bilancia commerciale ma in forte calo rispetto ai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Quello dei servizi, poi, settore fin troppo massacrato, è forse il principale responsabile del declino economico e del basso tasso di occupazione, che dovrebbe fare molto riflettere i ministri che lo hanno indebolito. Ma davanti a questa devastazione non vedo nessuna umiltà del governo, ma solo l’arroganza dello sfrenato liberismo di cui lo stesso è assai permeato, motivo per cui non si sognano lontanamente di attuare un qualche provvedimento di tipo keynesiano.
Non basta evocare la crescita a parole se non vengono qualificati orientamenti e contenuti in quei settori che si ritengono strategici e rapportarli ai corpi sociali. Come investire nella sicurezza della classe lavoratrice, per esempio, riqualificare il capitale umano in modo da offrire maggiori possibilità alle fasce deboli della popolazione, puntando magari sulla sanità, sull’economia verde, sull’istruzione e sulla ricerca. Senza dimenticare di valorizzare l’industria del Sud, che costituisce sezioni strategiche dell’apparato manifatturiero, energetico, agricolo e turistico. Ma per fare ciò tocca avere una visione reale del Paese, cosa cui dubito abbia questo governo di professori e banchieri il cui credo è stato sempre lontano dall’abbattimento delle enormi differenze tra chi ha tanto e chi non ha nulla e quindi dubito pure che possa aprire una nuova stagione di ricostruzione di cui l’Italia ha urgente bisogno.

Salvatore Ferrara