Blitz la notte scorsa dei carabinieri della Compagnia di Licata, sotto il coordinamento del Comando provinciale dell’Arma e della procura della Repubblica di Agrigento. I militari dell’Arma hanno dato esecuzione ad ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 15 persone, tutte di Licata, ritenute responsabili, a vario titolo di: turbata libertà degli incanti, turbativa d´asta giudiziaria, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, possesso illegale di armi, minacce, attentati incendiari soprattutto ad avvocati e per alcuni indagati anche un tentato omicidio. Ad altri tre licatesi è stato notificato l’obbligo di dimora. La vicenda riguarda la lunga serie di attentati intimidatori perpetrati tra il 2010 e l’inizio del 2011, ai danni di avvocati di Licata, diversi dei quali molto noti nella città del faro. Le vittime venivano intimidite con attentati incendiari, ma anche attraverso il recapito di lettere anonime contenenti minacce di morte. Atti intimidatori collegati all’attività professionale delle vittime. Secondo le indagini dei carabinieri il gruppo criminale sgominato la notte scorsa poteva contare anche su armi e munizioni. Per addestrarsi e provare le armi gli arrestati facevano fuoco contro i cartelli stradali. Infatti, è stata trovata diversa segnaletica stradale crivellata di colpi d’arma da fuoco.
i nomi degli arrestati dell’operazione “Aut Aut” effettuata dai Carabinieri: Angelo Consagra, 42 anni; Vincenzo Amato, 26 anni; Angelo Amato, 30 anni di Gela; Angelo Antona, 46 anni; Angelo Massaro, 44 anni; Ottavio Giuseppe Amato, 57 anni; Alessio Gueli, 36 anni; Michele Vedda, 29 anni; Orazio Candiano, 29 anni; Gaetano Castagna, 24 anni; Claudio Catania, 24 anni; Antonio Oliveri, 27 anni; Giuseppe Lombardo, 65 anni; Antonio Cannizzaro, 47 anni; Gerlando Di Carlo, 24 anni.
Ad altri tre licatesi , Bartolo Consagra di 37 anni, Giorgio Candiano 55 anni e Angelo Candiano, è stato notificato l’obbligo di dimora.
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Dalle indagini è emersa, in particolare, la responsabilità degli indagati Angelo Consagra, nonché dei componenti la famiglia Amato, Ottavio Amato, padre, Vincenzo e Angelo Amato, figli, Angelo Antona, Angelo Massaro, ed altri soggetti tuttora rimasti ignoti. Soggetti i quali avevano una costante detenzione di numerose armi da fuoco di rilevante potenza, le quali venivano persino utilizzate in pieno giorno nel territorio del comune di Licata. Parallelamente al fenomeno criminale appena descritto, è emersa anche la sussistenza di numerosi episodi di detenzione illegale e spaccio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, hashish e marijuana, consumati in modo prevalente nell’ambito del territorio licatese, tramite approvvigionamenti, anche all’ingrosso, nell’area di Catania, posti in essere dagli indagati Vincenzo Amato, Gueli, Vedda, Oliveri, Incorvaia, Candiano. In merito a tale tipo di reati può dirsi come, dai risultati delle attività tecniche di intercettazione telefoniche ed ambientale, nei confronti di Vincenzo Amato, sia emerso inoltre che l’indagato era un vero e proprio punto di riferimento nei confronti di un indeterminato numero di giovani dediti all’uso ed allo spaccio di sostanze stupefacenti; mentre per ciò che riguarda le figure degli indagati Alessio Gueli e Michele Vedda, si evidenziava che gli stessi erano spacciatori di stupefacenti, i quali a loro volta, per approvvigionarsi di sostanze stupefacenti facevano capo ad altri soggetti pregiudicati. L’indagine ha altresì consentito di mettere in evidenza come il Tribunale di Agrigento, nel settore delle esecuzioni immobiliari, sia stato sottoposto a tentativi di gravissimi condizionamenti, svolti con modalità ben pianificate e realizzate nel tempo in modo ripetitivo, per quanto riguarda lo svolgimento delle aste finalizzate alla vendita degli immobili sottoposti alle procedure esecutive. Tale tentativo si è palesato ancora più grave in quanto realizzato da soggetti di notevole spessore criminale e dotati di altissima pericolosità sociale, come dimostrato, ad esempio dalla detenzione, da parte degli stessi, di armi da sparo di grande potenza di fuoco. In tale contesto ambientale, si è rilevato, in piena evidenza ed in netta contrapposizione, l’assoluto valore morale e professionale dei Giudici deputati alla trattazione dei predetti procedimenti i quali, se pure costretti ad operare in una realtà connotata da così vasta illegalità, non hanno palesato alcun timore, né remore di sorta, a svolgere le proprie funzioni con il massimo rigore, anche suscitando in diversi casi, le ire degli indagati. Proprio in merito a tale ultimo aspetto si deve ancora notare come gli indagati, in alcuni casi, non abbiano avuto alcuna difficoltà a rivolgere o direttamente o per terza persona, minacce e pesanti ingiurie nei confronti dei Giudici che si occupavano dei predetti procedimenti, “rei” di non soddisfare le intenzioni criminali degli indagati, minacce le quali, fortunatamente, non sono state seguite da fatti concreti.