L’8 gennaio del 1993 a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, la mafia uccise Beppe Alfano, corrispondente del nostro quotidiano. Negli anni della sua collaborazione con il quotidiano etneo furono molti i pezzi che il giornalista firmò per la testata. Oggi, nella prima giornata di celebrazioni per il ventennale dell’omicidio, una delegazione del giornale di Catania ha consegnato nelle mani di Sonia Alfano, figlia del cronista, una raccolta di tutti gli articoli che il giornalista firmò.
La delegazione era composta dall’editore de La Sicilia, Domenico Ciancio, dall’inviato Gigi Ronsisvalle e dal caposervizio per le pagine di Messina, Alberto Cicero. “Qua c’è il lavoro di un corrispondente – ha detto a nome dei colleghi, Gigi Ronsisvalle – a volte pagati poco e male, spesso per niente. Bisogna tenere la schiena dritta, noi ci proviamo. Ma quando si è soli, è difficile. E qualche volta, purtroppo, il prezzo che paghiamo è il prezzo della vita, come Beppe Alfano. Per dare a questo Paese quel pizzico di democrazia in più, per restare italiani. Noi abbiamo scritto pagine di cronaca. Ma oggi, 20 anni dopo, credo che Sonia Alfano abbia scritto pagine di storia”.
La figlia Sonia Alfano, presidente della Commissione europea antimafia, durante il workshop sul contrasto alle mafie in Europa organizzato a Barcellona Pozzo di Gotto nell’anniversario della morte del padre ha sottolineato: “In Italia abbiamo il reato di associazione mafiosa ma non è lo stesso negli altri Paesi europei. C’è la necessità di istituirlo in tutti e 27. Anche il carcere duro è una necessità che va estesa a tutti i 27 Paesi europei, salvaguardando i diritti umani. C’è la necessità di rafforzare determinate forme di cooperazione e di parlare tutti la stessa lingua. Non c’è paese immune dall’aggressione”.
Commosso anche il ricordo di Pietro Grasso, da poco ex procuratore antimafia: “La memoria di Beppe Alfano deve essere difesa per onorare il suo sacrificio e per denunciare che ancora oggi chi scrive di mafia è minacciato e intimidito. Alfano, insieme ad altri suoi colleghi che purtroppo hanno avuto la sua stessa sorte è un esempio di giornalismo che non teme il potere criminale, la sua figura è un esempio alto di impegno civile. Come dimostra l’attività instancabile dell’osservatorio sui giornalisti minacciati di mafia, ‘Ossigeno per l’informazionè, l’esercizio della libertà di cronaca e il diritto all’informazione continuano ad essere bersaglio delle minacce criminali e questo non può non destare la nostra preoccupazione”.