Al via , dopo un passaggio a vuoto lo scorso settembre, il processo a carico di un  padre e figlio di Licata, finiti sul banco degli imputati con l’accusa di usura e per il solo genitore anche estorsione aggravata dal metodo mafioso. Il dibattimento si è aperto di fatto questa mattina, davanti i giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Agrigento presieduta da Wilma Angela Mazzara con a latere i giudici Fulvia Veneziano e Manfredi Coffari, con la richiesta dei mezzi di prova delle parti. L’accusa, sostenuta in aula dal sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo Pierangelo Padova, comincerà con l’escussione dei propri testimoni il prossimo 28 ottobre. Nello stesso giorno verrà incaricato un perito che si occuperò della trascrizione delle intercettazioni. Il collegio ha invece rigettato la richiesta dei difensori, gli avvocati Lumia e Lomonaco, di produzione di indagini difensive.

Padre e figlio vengono fermati con relativo provvedimento dalla Squadra Mobile di Agrigento, guidata dal vicequestore Giovanni Minardi, e dai colleghi del commissariato di Licata, agli ordini del commissario Sergio Carrubba (oggi a vertice della Digos di Agrigento), nel maggio dell’anno scorso nell’ambito di una delicata inchiesta che ha scavato nel mondo dell’usura licatese. Fermo che si rese necessario perché, qualche giorno prima, i due avrebbero imposto una sorta di ultimatum ad una loro vittima: o paghi entro il 12 maggio o avrai gravi conseguenze per te e i tuoi familiari”.