Tra quelli che non si sono piegati ai ricatti degli estorsori c’è un commerciante cinese di Agrigento. C’è anche questo nelle pagine dell’inchiesta “Nuova cupola” che martedì notte ha portato alla notifica di 54 fermi, con l’accusa di associazione mafiosa e estorsione. Anzichè piegarsi l’imprenditore orientale ha preferito denunciare, identificando con certezza in Luca Cosentino e Giovanni Stefano Tarallo, i due estorsori e descrivendone il metodo di avvicinamento adottato. Accade il 5 gennaio del 2011, quando il commerciante cinese si reca negli uffici della Squadra Mobile di Agrigento per denunciare un tentativo di estorsione ad opera di due soggetti, dichiarando che il 6 e 7 dicembre del 2010, era stato avvicinato da due giovani, uno dei quali gli aveva detto chiaramente di mettersi a posto. Nella richiesta si parlava di una somma di denaro che sarebbe servita per le famiglie dei detenuti, e così facendo non sarebbe successo nulla al suo negozio. Lo stesso avrebbero dovuto fare i suoi connazionali titolari di negozi nella zona. Una settimana dopo Cosentino e Tarallo si sarebbero presentati nuovamente presso l’esercizio commerciale giungendo con un’autovettura di grossa cilindrata, ribadendogli l’imposizione a pagare una mazzetta. Anche in quel caso il commerciante si rifiutò. Da allora non avrebbe più visto i due uomini che nel corso della ricognizione fotografica ha identificato in Cosentino e Tarallo. In ogni caso il presunto capo mafia di Agrigento, Francesco Ribisi non ha voluto sentire ragione, invitando i due picciotti a portare a termine quel lavoro.
Massimo riserbo tra i carabinieri del Ros sulle polemiche sorte tra i Pm di Palermo sulla presunta intempestività del blitz che ieri ha portato in cella 49 boss dell’Agrigentino “bruciando”, secondo alcuni magistrati, l’indagine che i militari dell’Arma stavano conducendo per catturare il capomafia latitante Matteo Messina Denaro. I carabinieri del Raggruppamento operativo speciale hanno preferito non commentare la vicenda.
“Lo sviluppo polemico sui giornali ha avuto come effetto quello di individuare nel procuratore Messineo il solo responsabile della decisione di dare il via libera al blitz contro le cosche agrigentine. Io ho una delega piena e sono sono l’unico responsabile di questa scelta. Ho seguito gli sviluppi delle indagini dei colleghi che si occupano della mafia di Trapani e ho fatto sempre in modo di non ostacolare l’inchiesta sulla ricerca di Messina Denaro”. Rivendica la paternità della decisione di intervenire, fermando 49 mafiosi agrigentini, Vittorio Teresi, procuratore aggiunto di Palermo. Un blitz intempestivo secondo la collega Teresa Principato, che coordina il pool che si occupa delle cosche trapanesi, che avrebbe “bruciato” l’inchiesta dei carabinieri del Ros vicini, a dire del magistrato, a una svolta nella ricerca del padrino latitante. Dalla vicenda è nata una polemica rovente con tanto di scambio di email tra Principato, “amareggiata” per il vanificarsi del lavoro del Ros e il procuratore Francesco Messineo che ha vistato la richiesta di fermo di Teresi. ”Per mesi – precisa Teresi – abbiamo lasciato campo libero assoluto alle indagini su Messina Denaro anche quando in qualche modo avevano ripercussioni sul territorio agrigentino. L’informativa che ha portato all’operazione contro le cosche agrigentine è di 9 mesi fa. Il blitz non era più procrastinabile perchè a carico dei fermati c’era un pericolo di fuga attuale e per i gravi indizi criminosi che derivavano dal piano di creazione di un nuovo mandamento mafioso. In casi simili – spiega il magistrato – non si può procedere col ritardato arresto come in certe indagini, ad esempio sui traffici di droga, e comunque si deve anche tenere in considerazione l’aspettativa di sicurezza della gente. Io – ha concluso – ho sottoposto con forza la richiesta al procuratore dopo avere fatto un bilanciamento di interessi ed avere ritenuto che gli elementi fornitici dagli investigatori fino a lunedì non erano convincenti circa la concreta possibilità di sviluppi imminenti legati alla cattura di Messina Denaro”.