I carabinieri del reparto territoriale hanno eseguito a Gela (Caltanissetta) 18 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di 17 esponenti della stidda e uno di Cosa nostra, accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, traffico di stupefacenti, detenzione di armi e munizioni.
“Agorà” il nome dell’operazione, nella quale sono stati impegnati quasi cento carabinieri, un elicottero e unità cinofile alla ricerca di armi e droga. Azzerati i vertici dell’organizzazione stiddara con la cattura di capi storici e gregari che disponevano di armi ed esplosivi, controllavano gli affari illeciti, pianificavano attentati e imponevano il pizzo a commercianti e imprenditori. Dure le rappresaglie contro chi non pagava.
Secondo quanto emerso da un secondo filone d’indagine, che riguarda il voto di scambio, la Stidda appoggiò un candidato nelle comunali a Gela nel 2010. Gli investigatori sono riusciti a intercettare conversazioni degli stiddari che alle ultime elezioni comunali avrebbero fatto votare in favore di un non ancora identificato esponente politico di Gela.
Il compito era quello di mobilitare l’organizzazione e “invitare” i cittadini a votare per lui. In cambio uno degli stiddari aveva detto che per i componenti del clan e per gli elettori disponibili c’erano pronti tanti buoni benzina. I carabinieri stanno cercando di verificare se davvero la Stidda condizionò il voto alle comunali del 2010 e in favore di quale candidato e di quale partito.
Le indagini hanno anche permesso di accertare autori e mandanti di vari episodi criminosi tra cui la progettazione dell’omicidio di un pregiudicato comune, colpevole di avere incendiato l’automobile a uno stiddaro. Per impedire il delitto e proseguire le indagini senza suscitare sospetti, i carabinieri arrestarono la vittima prima che scattasse l’agguato mortale.
La richiesta del pizzo avveniva in diverse forme, con l’assunzione di stiddari e con pagamenti periodici o una tantum, sottoforma di regali agli uomini delle cosche o come contributo per le famiglie dei detenuti, specie sotto le festività di Pasqua, Ferragosto, festa della patrona e a Natale.
Un imprenditore ha rivelato di avere subito, nel 2000, da Giuseppe D’Arma, uno degli arrestati, la richiesta del 2% dell’appalto di 900 milioni di lire. Pagò un primo acconto di un milione l’indomani. Nel 2008 sarebbe stato Alessandro Antonuccio, per la Stidda, ad avanzare altre richieste simili.
I soldi servivano all’organizzazione anche per pagare le costose spese legali. Secondo i carabinieri, Emanuele Palazzo controllava tutto e si rapportava con gli esponenti di Cosa nostra. Il luogo degli incontri era piazza Municipio, dove gli investigatori, con potenti mezzi audiovisivi, hanno registrato a distanza immagini e conversazioni. L’inchiesta ha già permesso di sequestrare cinque chili di hashish.
Questi i nomi delle 18 persone raggiunte da ordini di custodia cautelare in carcere: Emanuele Palazzo, di 55 anni, ritenuto l’attuale reggente della Stidda di Gela, Carmelo Antonuccio, di 23 anni, Gaspare Carella, di 49, Carmelo Curvà, di 34, Orazio Luciano Curvà, di 22 anni, Giuseppe Andrea Mangiameli, di 36, i fratelli Davide e Simone Nicastro, rispettivamente di 32 e di 30 anni, Ettore Nobile, di 24, Alessandro Peritore, di 20 anni, Giuseppe Alfio Romano, di 32, Calogero Orazio Peritore, di 28, Pasquale Sanzo, di 30 anni, e Massimiliano Tomaselli di 32 anni.
I provvedimenti sono stati notificati in carcere ad Armando Giuseppe D’Arma, di 58 anni, esponente di spicco di cosa nostra, Paolo Di Maggio, di 52 anni, boss della Stidda cui si richiama l’intero gruppo guidato da Palazzo, Giuseppe Alessandro Antonuccio, di 34 anni, e Francesco Morteo di 48 anni.












