Quando ciò che accade è qualcosa di incomprensibile, diventa difficile anche raccontarlo.
Cosa sarà di noi? Cosa ci sta accadendo? Una Sicilia che cade a pezzi per colpa di altri pezzi , ma di merda. Non trovo eufemismi, mezze parole, non provo neanche ad edulcorare questo mio scritto. Rabbia, angoscia, annichilimento. I crolli hanno delle ripercussioni che arrivano molto più lontano dal chilometro dove essi sono accaduti. Arrivano nelle nostre vite, nella nostra quotidianità, già abbondantemente difficile da portare avanti. Tanto a loro cosa cazzo interessa, mentre sfrecciano dentro potenti auto blu con i vetri oscurati per evitare di mostrarci le loro facce da culo.
Crolla il ponte per Licata, crolla il ponte Agrigento – Porto Empedocle, crolla il ponte Catania Palermo, crollano strade, viadotti, scuole, ospedali, palazzetti dello sport, edifici pubblici. Cosa si fa? Si apre un’inchiesta. Quanto durerà almeno 10/15 anni. Come finirà? Tutti assolti o in prescrizione.
Ciò che è più grave è l’esserci abituati a subire tutto questo, imbocchiamo con rassegnazione la deviazione che ci farà girare mezza Sicilia su trazzere impraticabili per potere arrivare alla meta. Guardiamo il segnale che ci indica da dove prendere e via , iniziamo a imprecare nel chiuso dell’abitacolo della nostra auto e nel frattempo ascoltiamo alla radio il faccia di culo di turno che ci spiega cosa bisognava fare, per poi scoprire che chi non lo ha fatto e proprio lui.
Se dico che mi sono personalmente rotto i coglioni sono più volgare di quanto lo siano questi signori che ci hanno ridotto così?
Cesare Sciabarrà