Mentre la valuta della lira turca continua a precipitare, tra gli esperti la paura che l’Italia possa essere la prima ad essere colpita da un proprio crollo del mercato con una crisi economica è sempre maggiore.
Negli ultimi giorni è stato un susseguirsi di notizie negative riguardo la moneta turca, che ha perso oltre il 40% dall’inizio dell’anno ed è arrivata a una quotazione di 8 lire per 1 dollaro.
Per più di una ragione l’andamento della lira turca è nell’occhio del ciclone dei mercati finanziari in questo periodo. Da una parte, gli indici delle piattaforme di trading online mostrano una netta convenienza nel comprare moneta turca in questo momento. Dall’altra, secondo la notizia trapelata sul Financial Time, la Banca Centrale Europea (BCE) si è mostrata preoccupata per l’esposizione delle banche europee con la Turchia, in primis quelle italiane. Gli investitori quindi sono più che timorosi vista l’incertezza di quello che può portare questa crisi.
In pratica, secondo gli esperti, l’Italia potrebbe essere la prima a risentire maggiormente della crisi turca proprio in virtù dell’esposizione delle proprie banche in quella economia. La normale consuetudine dei mercati, infatti, è di vendere moneta dei paesi quando questi non godono di situazioni stabili e indici favorevoli. Questa evenienza peggiorerebbe una già non semplice situazione del nostro paese, che attualmente si trova con indici di debito sempre alti, visti gli ultimi dati dello spread oltre i 279 punti.
Sempre secondo gli esperti, i mercati internazionali non stanno vedendo di buon occhio la situazione politica italiana e questo andrebbe a sommarsi alle probabilità di una crisi economica, trascinati da quella della moneta turca. Nei mercati azionari, è normale che gli speculatori si gettino dove esiste fragilità e, considerando le notevoli pressioni internazionali a cui è soggetta l’Italia in questo momento, le incertezze sono maggiori.
A parte le supposizioni di ripercussioni sull’Italia, la situazione economica che si è venuta a creare in Turchia sembra una conseguenza delle scelte del premier Recep Tayyip Erdoğan fatte negli ultimi anni, che hanno portato ad una veloce crescita economica. La disponibilità degli investitori spinti da indici favorevoli ha fatto sì che il sistema bancario potesse erogare prestiti alle aziende e alle famiglie turche. Questo ha permesso di arrivare ad una crescita rapida negli ultimi anni, che alla fine del 2017 si è assestata a +7%.
Conseguentemente, però, dopo una crescita così rapida, da gennaio 2018 l’inflazione in Turchia è aumentata in maniera esponenziale, arrivando a toccare l’indice del 16%. Da qui la sfiducia degli investitori che iniziano a porsi dei dubbi e a voler vendere.
La situazione politica internazionale inoltre non aiuta la Turchia. Trump ha annunciato infatti di aumentare i dazi per acciaio (+50%) e alluminio (+20%) turchi (per molti questa ‘mossa’ economica è una ritorsione per la situazione venutasi a creare dopo l’arresto del pastore americano Andrew Brunson, accusato dallo stato di Ankara di essere uno degli ideatori del tentato golpe turco del 2016).
Come anticipato in precedenza, quindi, la discesa dell’economia turca secondo gli investitori porterebbe ad una perdita di liquidità importante per tutti quei paesi che hanno investito nella Turchia fino ad ora, e questo porterebbe a un crollo per il nostro paese proprio in virtù della nostra esposizione.
Erdoğan continua a essere ottimista e vede come causa di questo scompiglio una semplice disinformazione creata per destabilizzare l’economia turca (la procura di Istanbul ha avviato un indagine al riguardo), ma assicura che presto le cose torneranno a essere sotto controllo per la lira. Gli analisti continuano però a restare scettici e a temere il peggio.
Per il momento la Commissione Europea, forte di un primo accordo a luglio con gli USA per abbattere le barriere economiche tra i due paesi, non commenta e non prende provvedimenti, pur essendo a conoscenza del peso che la lira turca potrebbe avere sulle banche europee, in special modo su quelle italiane.