Televisioni, pc e cellulari hanno reso l’uomo moderno, e ancor più recentemente i giovani, sempre più distratti. Se grazie al contatto con lo schermo c’è più possibilità di reperire notizie dal mondo e di connettersi magari con persone dall’altro lato del globo, l’abitudine all’uso di questo genere di apparecchi genera distanza, soprattutto fisica. Mentre fino a qualche anno fa, prima che internet e la tecnologia cambiassero le nostre abitudini, uscire in strada e vedersi con gli amici per giocare a pallone in strada, fare lo struscio o più semplicemente per cercare compagnia era una consuetudine. Di tutte queste amene attività hanno ricordi soprattutto i più anziani.
Nella tradizione canicattinese uno dei giochi da strada più particolari era “a petre piglia”, un passatempo che affonda le sue radici nell’antica tradizione greca e romana degli aliossi o astragali, quando ci si divertiva lanciando e raccogliendo a turno dei semplici ossi di pecora o montone. La petre piglia canicattinese era leggermente diversa, si praticava infatti con cinque pietruzze di forma arrotondata e i giocatori dovevano totalizzare con i lanci le cifre numeriche chiamate in partenza dai partecipanti. Una sorta di morra con i sassi, un’attività semplice e divertente che decretava il vincitore in base alla fortuna e all’intuito di quest’ultimo.
Altra attività ludica che intratteneva i nostri avi era la nzipita. Questo termine dialettale, ormai praticamente caduto in disuso, traduce il celebre gioco della campana, un percorso numerico tracciato sul terreno e contrassegnato da numeri. I partecipanti dovevano saltellare in equilibrio su una gamba seguendo il percorso tracciato a sorte da un sasso lanciato in aria che ricadeva a terra indicando la via da percorrere e il numero di balzelli da eseguire. Mettere il piede su una casella sbagliata equivaleva all’eliminazione mentre i concorrenti dovevano disporre di esperienza e maestria per raccogliere il sasso in equilibrio senza incorrere in penalità dovute a sbilanciamenti.
Altro gioco a costo zero era la lippa. In questo caso ci si intratteneva battendo in aria un pezzo di legno dalle estremità appuntite con un bastone. La dinamica era molto semplice: di solito si giocava in due (servo e padrone) e mentre il partecipante (denominato padrone) che era al centro del cerchio di gioco tracciato sul terreno (di solito del diametro di poco più di un metro) doveva essere abile a far saltare da terra la lippa e colpirla il più lontano possibile, l’altro o gli altri (denominati servi) dovevano raccogliere la lippa e cercare di lanciarla al centro del cerchio del “padrone” in modo da prendere il posto del “battitore”.
Uno dei giochi di carte più diffusi in passato e che è riuscito a sopravvivere nonostante la recente abitudine di giocare online è senz’altro la Zecchinetta. Questo passatempo, tutt’ora estremamente popolare in tutta la Trinacria e anche in altre parti d’Italia, fu “forzatamente” introdotto nel nostro paese dai Lanzichenecchi al soldo di Carlo V che nella prima metà del XVI secolo devastarono l’Italia durante la loro celebre calata che culminò il 6 maggio del 1527 con il sacco di Roma. Questo passatempo iniziò a diffondersi a macchia d’olio in tutta la penisola e a livello regionale e già intorno alla fine del XVI secolo, era già giocato su larga scala con i peculiari mazzi di carte siciliani che iniziavano a prendere la loro particolare conformazione mutando i caratteri dei tarocchi. Questo tipo di mazzi iniziarò a diffondersi dal 1630, secondo quanto riportato dai documenti redatti dal Marchese di Villabianca Francesco Maria Emanuele Gaetani, storico ed erudito che si occupò di ricostruire il folclore locale, soprattutto della città di Palermo.
Le carte del resto erano conosciute in Sicilia già dal ‘300, quando i crociati tornati dall’oriente che avevano imparato il gioco dagli arabi lo importarono nell’isola. Nella Zecchinetta il mazziere fa il banco e colloca tre carte sul tavolo: due per i partecipanti al gioco e una per sé. Sfogliando il mazzo se esce la carta assegnata al banco i giocatori ricevono una posta equivalente alla loro puntata, se invece corrisponde ad una delle carte dei giocatori il banco raccoglie le relative puntate. Quando escono carte diverse da quelle sul tavolo vengono messe in gioco e i partecipanti vi possono puntare seguendo sempre le stesse regole vigenti. Quando le carte finiscono cambia il mazziere che di solito è il giocatore che si trova a destra di quello uscente. Altri giochi di carte tipici della tradizione siciliana sono Cucù, Alta e Bassa e Sette e mezzo, che di solito si praticano durante le feste natalizie.