Sono tutti caduti dal pero. Sembra che nessuno si sia accorto che siamo andati in bancarotta. So che questo termine potrà non piacere a qualcuno, ma di questo si tratta . Bancarotta è sinonimo di “dissesto” nella lingua italiana , è sufficiente fare un “googolata” per scoprire che i due termini indicano la stessa cosa. Ma quando si porta un’azienda, un Ente, un Comune in bancarotta, questi non ci va mica da solo. Glielo porta qualcuno, cioè colui o colei o coloro ( fate voi) che hanno gestito quell’azienda , quel Comune, quell’Ente. Chi porta alla bancarotta , nonché al dissesto un’azienda piuttosto che un comune o un ente viene definito con l’appellativo di “ bancarottiere” ossia colui che ha  procurato la bancarotta.  E fin qui  l’aspetto linguistico della questione, aspetto che non è cosa da poco, perché in casi come questi le parole sono importante quasi quanto i fatti.

Ora passiamo alla parte meramente politica. Nel caso del comune di Canicattì, vi è una originale quanto unica situazione per l’ individuazione di eventuali  responsabilità. Se si volesse addebitare la responsabilità di questo tracollo finanziario , si dovrebbe andare  a ritroso nel tempo. Sembra che la legge prevede l’analisi degli ultimi 5 anni di amministrazione. E’ anche vero che per il volume debitorio accumulato sembrerebbe impossibile che anche il più incapace e spendaccione degli amministratori abbia potuto produrre un buco come quello che si paventa al comune di Canicattì in così poco tempo.
Ma questo non sta certo a noi accertarlo ma saranno i magistrati contabili che cercheranno di ricostruire la falla finanziaria venutasi a creare. Di una cosa siamo sicuri, che non avranno certamente difficoltà a individuare con certezza chi in questi anni ha gestito la cosa pubblica.

Adesso veniamo alla carne viva. Cosa succede al comune e ai suoi cittadini quando si dichiara dissesto? Le stesse cose che accadrebbero a una famiglia piuttosto che ad una azienda.  Momenti di lacrime e sangue. Tassazione ai massimi livelli, restrizione dei servizi al minimo sindacale, contrazione della spesa, mancata programmazione per mancanza di liquidità, riordino della pianta organica , svalutazione del patrimonio immobiliare ,  l’impossibilità di pagare i creditori che nella migliore delle ipotesi usufruiranno sono di una parte percentuale del dovuto   e soprattutto l’impossibilità di realizzare ciò che si era promesso in campagna elettorale e minuziosamente descritto nel programma che ha indotto l’elettore a votare uno piuttosto che l’altro. Questi solo alcune delle conseguenze facilmente prevedibili… solo alcune

Il dissesto viene proposto dall’amministrazione in carica attraverso un documento di analisi prodotto dal responsabile dell’ufficio finanziario, che dopo essere stato visionato e relazionato dai revisori dei conti, viene portato in consiglio comunale per essere votato. Nel nostro caso consiglieri di prima nomina che mai hanno messo piede dentro il comune , si troveranno a votare il disastro fatto da altri.

Ma i consiglieri potrebbero anche non votare per il dissesto e chiedere all’amministrazione di continuare a tentate di salvare la situazione. Sarebbe un inutile tentativo e ultimo appello ma che potrebbe avere un risvolto non da poco. In quel caso se i consiglieri a maggioranza dovessero non votare per il dissesto , lo stesso verrebbe votato dal Commissario ad acta , dichiarando di fatto il dissesto e mandando a casa l’intero consiglio comunale.

Vista così potrebbe sembrare una grave perdita, ma rivista con attenzione potrebbe significare un punto dal quale iniziare a risparmiare. Anche perché diciamocelo chiaramente : a cosa serve un consiglio comunale che grava sulle casse del comune in dissesto? Praticamente a nulla o quasi.  In quel caso rimarrebbe in carica solo il sindaco con la sua giunta a cui i commissari farebbero ogni giorno le pulci sui danari , pochi molto pochi a loro disposizione per gestire la macchina amministrativa .

In quel caso non ci sarebbe commissario ad acta che tenga per  mandare a casa pure loro. In quel caso solo un gesto di grande onestà intellettuale potrebbe convincere il sindaco in carica a dimettersi, perché venuto meno il motivo per cui è stato votato, cioè la realizzazione di quanto promesso in campagna elettorale con la sua proposta di programma, rimanere a fare l’amministratore di condominio non sarebbe certo il massimo . In verità un candidato a sindaco che redige un programma senza tenere conto dello stato dell’arte delle casse comunale è un candidato che o ha gravemente non tenuto conto di elementi necessari prima di fare promesse elettorali magari per distrazione o non conoscenza o lo ha fatto in mala fede. Nel dubbio le eventuali dimissioni lo solleverebbero in ambedue i casi di ogni qualsivoglia responsabilità.

Infine i cittadini, beffati per l’ennesima volta, presi in giro , speranzosi che qualcosa potesse cambiare, che questo paese potesse imboccare una strada diversa di rinascita, di visione, vedranno imboccare la strada che porta dritti al fallimento, alla banncarotta insomma al dissesto . E a proposito di visione….in questi mesi piuttosto che perdere tempo a fare fumo , avremmo potuto concentrarci su un treno che si chiama PNRR stracolmo di finanziamenti per chi ha un portafoglio progetti. Noi ad oggi non ci risulta di averne. Oltre al danno la beffa, falliti oggi e poveri domani…. Provate a mettere“ mi piace “ a tutto questo