97.367 candidature per 2.700 posti da funzionario. Sono i numeri del nuovo concorso dell’Agenzia delle Entrate, una cifra che racconta molto di più sui giovani italiani di quanto non facciano le statistiche sulla disoccupazione.

Sono neolaureati in giurisprudenza, economia, scienze politiche. Hanno investito anni sui libri sognando una scrivania sicura, uno stipendio garantito, magari una carriera nella pubblica amministrazione. E ora si ritrovano a competere in 36 contro uno per realizzare quel sogno. Perché questi sono i numeri: in media, ogni posto sarà conteso da oltre 35 candidati.


L’11 agosto si sono chiuse le iscrizioni attraverso il portale InPA, e ora inizia l’attesa. Il 9 settembre scopriranno le modalità esatte della prova, mentre l’esame vero e proprio è previsto per fine ottobre. Un unico scritto che deciderà tutto, senza appello. Niente orale, niente seconda possibilità.

Rispetto al concorso del 2023, la sfida si è fatta più dura. Non bastano più diritto tributario, amministrativo e contabilità pubblica: quest’anno bisogna padroneggiare anche il diritto dell’Unione Europea e quello fallimentare. Come se non fosse già abbastanza difficile entrare nel mondo del fisco italiano.

La geografia dei posti disponibili racconta l’Italia delle opportunità: 555 posti in Lombardia, 463 nel Lazio, 222 in Campania. Milano, Roma, Napoli guidano la classifica, seguite dalle altre grandi città. Alcuni posti sono riservati al contrasto degli illeciti fiscali, ruoli che suonano quasi da romanzo noir: cacciatori di evasori con laurea in tasca e codice civile sotto il braccio.

Ma c’è una consolazione nascosta nei numeri. La storia insegna che molti iscritti non si presentano all’esame. Se si confermasse il trend degli anni passati, la platea reale potrebbe scendere a 48mila candidati. Non è che cambi molto – parliamo comunque di 18 persone per ogni posto – ma almeno respira un po’ meglio chi ha davvero studiato.

Dietro ogni candidatura c’è una storia. C’è chi ha appena finito l’università e cerca il primo lavoro vero. Chi ha già fatto qualche esperienza ma sogna la stabilità del posto fisso. Chi viene da anni di precariato e vede in questo concorso l’ancora di salvezza. Tutti uniti dalla stessa speranza: entrare nel meccanismo perfetto della burocrazia italiana, dove le tasse si riscuotono, si controllano, si contestano.

Ottobre si avvicina, e con lui il momento della verità. In un’Italia che fatica a offrire opportunità ai suoi giovani laureati, questo concorso diventa uno specchio impietoso: da una parte la fame di sicurezza di una generazione cresciuta nell’incertezza, dall’altra un sistema che può garantire stabilità solo a pochi eletti. Il resto dovrà continuare a cercare, sperare, competere.