In appena quarantacinque minuti, al telefono con un finto operatore della sua banca di fiducia, le spariscono 29.900 euro attraverso otto bonifici istantanei. In attesa che la giustizia faccia luce sui responsabili della maxi truffa una commerciante agrigentina si è rivolta all’Arbitro Bancario Finanziario che, accogliendo il ricorso avanzato dalla commercialista Alessandra Fiaccabrino e dall’avvocato Placida Falsone, ha disposto che la banca le restituisca 21.100 euro per non aver ben vigilato permettendo la sottrazione della somma.

La vicenda risale al maggio dello scorso anno quando la commerciante riceve un sms – apparentemente proveniente dalla sua banca – in cui le veniva comunicato un giro di pagamenti anomali invitandola a contattare il servizio clienti riportato nel messaggio. La donna chiamò il numero entrando in contatto con un sedicente operatore che le spiegò che la carta era stata clonata e che sarebbe stato necessario seguire la procedura da lui indicata per evitare ulteriori danni. Cosa che la commerciante ha puntualmente fatto. Durante la telefonata – però – la beffa: in appena 45 minuti partono otto bonifici dall’importo di 29.900 euro. Ad accorgersi della truffa appena compiuta fu il coniuge della donna che, insospettitosi, contattò un reale impiegato della banca.


Dopo la denuncia alle autorità competenti si aprì un contenzioso con la banca con la commerciante che, rivolgendosi all’Arbitro finanziario, ha chiesto la restituzione della somma. La banca si è opposta affermando che i frodatori, con la colpevole collaborazione di parte ricorrente, hanno proceduto a modificare sia il numero di telefono associato all’account che le credenziali di accesso, in modo da impedire al cliente di avvedersi delle operazioni fraudolente e che comunque le le operazioni sono state autenticate mediante un sistema a due fattori che prevedeva l’invio di un SMS OTP (elemento di possesso), con successivo inserimento del Token Mobile. Una tesi che non ha convinto del tutto il collegio che poiché la banca – così si legge – “non ha prodotto ulteriori evidenze volte a dimostrare l’invio degli SMS OTP e il contenuto degli stessi.”

Per l’istituto di credito – è stata questa la linea difensiva – la commerciante avrebbe tenuto una condotta negligente, soprattutto in ragione del fatto che, nonostante l’operatore si fosse presentato come impiegato avesse poi richiesto le credenziali riferite al conto. Anche in questo caso il Collegio scrive: “Dalla documentazione in atti non risulta l’attivazione di un servizio di notifiche delle avvenute operazioni.” Per questo motivo il collegio di Palermo, presieduto da Maria Rosaria Maugeri, ha accolto parzialmente la richiesta della commerciante disponendo la restituzione della somma di 21.100 euro.