C’è qualcosa che non torna negli elenchi della carta dedicata a te che è pensata per le famiglie e i soggetti in difficoltà economica. Nell’agrigentino compaiono tra i beneficiari anche avvocati e dirigenti comunali.

Qualcosa non torna
Dunque, c’è qualcosa che non torna nella gestione del contributo statale pensato per sostenere chi fa fatica a riempire il carrello della spesa. Nata per aiutare le famiglie in difficoltà, la misura sembra in certi casi essere finita nelle mani di chi la difficoltà la conosce solo per sentito dire: avvocati, dirigenti pubblici, professionisti affermati che difficilmente hanno un Isee non superiore a 15000 euro.


Il paradosso è servito. Da un lato, famiglie con figli, stipendi precari e mutui sulle spalle vengono escluse per pochi euro sopra la soglia ISEE; dall’altro, chi occupa posizioni di rilievo o esercita professioni ben retribuite riceve una card da 460 euro caricata automaticamente, senza muovere un dito. Un aiuto pensato per chi non arriva a fine mese che finisce – letteralmente – nel portafoglio di chi non ne ha alcun bisogno.

Carte rilasciate in automatico senza alcuna domanda
Per richiedere la Carta Dedicata a Te 2025, non era necessaria alcuna domanda, poiché i beneficiari sono stati individuati automaticamente dall’INPS, la quale ha fornito ai Comuni gli elenchi dei beneficiari con un ISEE non superiore a 15.000 euro. I beneficiari selezionati riceveranno una comunicazione dal Comune che indica come e dove ritirare la carta presso un ufficio di Poste Italiane.

A cosa serve il contributo
Il contributo è destinato esclusivamente all’acquisto di beni alimentari di prima necessità, carburanti e di abbonamenti per il trasporto pubblico locale, con esclusione di qualunque bevanda alcolica. Ma alcuni nominativi di alcuni beneficiari, destano profondi sospetti sulla reale necessità
del sussidio, e in diversi casi si sollevano interrogativi sulla gestione e sull’equità della
Carta “Dedicata a te”.

Un probabile errore negli elenchi
Come detto, la carta, finanziata dal Governo e gestita dall’INPS insieme ai Comuni e a Poste Italiane, viene attribuita automaticamente sulla base dell’ISEE, senza necessità di presentare domanda. Ed è proprio qui che nasce il problema: l’ISEE non sempre riflette la reale capacità economica dei nuclei familiari. Basta che un professionista o un dirigente statale abbia un basso reddito dichiarato — magari a causa di deduzioni, patrimoni intestati ad altri membri della famiglia o altre condizioni particolari — per rientrare nei parametri e ottenere il beneficio.

Il risultato? In alcuni casi, la carta finisce a persone che non versano in condizioni di reale bisogno, mentre famiglie numerose o lavoratori precari restano esclusi per pochi euro sopra la soglia.

L’erogazione automatica e la questione etica
Ci si chiede se sia moralmente accettabile che un avvocato o un dirigente statale o persone che non hanno realmente bisogno, ricevano un aiuto pensato per chi non riesce a riempire il carrello della spesa. La questione non è solo legale, ma etica. Anche se la legge consente l’erogazione automatica, resta il dubbio sul senso di responsabilità personale e sulla necessità di un sistema di controllo più mirato.

Servono controlli sugli elenchi
Si dovrebbero mettere in campo controlli più mirati e una revisione dei criteri, introducendo
verifiche patrimoniali più approfondite o una dichiarazione di rinuncia volontaria per chi
non ritiene opportuno accettare il beneficio.

Fino a quando non verranno corretti questi meccanismi, resterà il sospetto che una misura nata per contrastare la povertà possa talvolta premiare chi povero non è, minando la credibilità dell’intero sistema di welfare.