Ultime discussioni della difesa oggi al processo “Alta Mafia” che si celebra in secondo grado al tribunale di Palermo. Dopo i vari slittamenti, oggi il presidente della Corte, Sergio La Comare è deciso a concludere andando avanti – ha detto – fino ad oltranza.
Probabilmente l’ultima arringa si terrà stasera. Gli avvocati della difesa che intervengono oggi sono Grazia Volo di Roma, Emanuele Li Muti del foro di Caltanissetta e Giovanni Salvaggio di Canicattì che chiedono l’assoluzione rispettivamente di Vincenzo Lo Giudice, Salvatore Giambarresi e Vincenzo Guarneri. Nel corso della scorsa udienza, avevano arringato il palermitano Francesco Crescimanno per l’ex sindaco di Canicattì, Antonio Scrimali e i penalisti agrigentino Lillo Fiorello e Angela Porcello per Vincenzo e Rino Lo Giudice, padre e figlio ex Udc.
Terminata la giornata di oggi ci si proietta verso la sentenza. Mercoledì 23 dicembre in aula il processo dovrebbe vedere le repliche del procuratore generale, e già in quella sede potrebbe essere emessa la sentenza, in un primo tempo fissata per il 7, 9 e 16 dicembre. Nel febbraio dello scorso anno, i giudici di primo grado inflissero la condanna più pesante, 16 anni e 8 mesi, all’ex deputato regionale Vincenzo Lo Giudice. A seguire, dieci anni di carcere furono comminati al boss Calogero Di Caro, 6 anni e 4 mesi a Salvatore Failla, 5 anni all’ex capomafia di Racalmuto Maurizio Di Gati, oggi collaborante, 4 anni e 4 mesi all’empedoclino Salvo Iacono, 4 anni e 2 mesi all’ex sindaco di Canicattì Antonio Scrimali, 4 anni a Vincenzo Guarneri, 3 anni e 10 mesi a Diego Fanara, 3 anni e mezzo al funzionario comunale Salvatore Giambarresi, 3 anni a Rino Lo Giudice e a Calogero Marino, un anno e 6 mesi a Salvatore Curtopelle. La Corte d’appello, considerato che la sentenza di primo grado è stata impugnata dalla difesa per il cosiddetto divieto di reformatio in peius, potrà confermare o diminuire queste pene e non aumentarle.
Il processo si avvia così alla sua fase conclusiva dopo che i giudici palermitani non hanno acconsentito alla cosiddetta rinnovazione del dibattimento, ovvero l’assunzione di nuove prove o di quelle già esaminate in primo grado.