Non è affatto vero che l’impianto richiede bassi costi di gestione: la produzione di acqua di quel dissalatore implica, infatti, costi che triplicano e fors’anche quadruplicano il prelievo da qualunque altra fonte di approvvigionamento.
Ragionamento assai debole e facilmente confutabile è poi quello relativo all’utilizzo dell’impianto di Porto Empedocle per fronteggiare eventuali future emergenze idriche dell’intera provincia di Agrigento e non più solo quelle del capoluogo. Già nel 2000 il generale Jucci, commissario straordinario per l’emergenza idrica, redasse un dossier in cui si chiariva che, in provincia di Agrigento così come nel resto della Sicilia, non vi era un problema di quantità di acqua quanto piuttosto di gestione della stessa.
Ma tornando alla nostra città ci chiediamo: l’amministrazione regionale è al corrente dei lavori per il raddoppio della dissalata di Gela che ormai sono in fase di completamento e che a breve raddoppieranno il quantitativo di acqua già fornito da quell’impianto e dalla relativa condotta al nostro territorio? Già prima dell’entrata in funzione del dissalatore di Porto Empedocle da Gela arrivava alla sola città di Agrigento una quantità d’acqua al giorno pari a quella che – in via ipotetica – in questi ultimi 4 anni avrebbe fornito l’impianto empedoclino. E se già all’epoca del commissario Scialabba, con 180-190 litri al secondo, l’acqua arrivava nelle case degli agrigentini a giorni alterni, è facile immaginare che, “complice” il rifacimento della rete idrica, le emergenze non potranno che essere solo un lontano e triste ricordo.
Ed ancora: la Regione dovrebbe essere ben a conoscenza che attualmente, per Agrigento, esistono fonti aggiuntive già utilizzate in casi di grave emergenza come il Fanaco (bretella Passo Funnuto) che possono fornire fino a 50 litri al secondo, e soprattutto interventi strutturali come il rifacimento del Favara di Burgio che ha consentito di triplicare la quantità media di acqua che arriva in città.
Di quali emergenze future stiamo dunque parlando? E dove starebbe poi l’economicità e la convenienza di utilizzare un impianto – quello di Porto Empedocle – che proprio in momenti di crisi acuta (vedi per tutti l’estate del 2008) ha palesato tutti i suoi limiti funzionali e si è rivelato assolutamente inefficiente ed inadeguato per fronteggiare l’emergenza?
La soluzione trovata, dunque, non ci vede assolutamente d’accordo, né sotto il profilo tecnico né sotto quello economico: eravamo contrari a che il Comune di Agrigento riscattasse quell’impianto e l’abbiamo detto a chiare ed inequivocabili lettere pochi giorni fa, confermando la nostra “storica” e motivata avversità al dissalatore”. Ribadiamo la nostra contrarietà anche di fronte all’ipotesi di riscatto da parte della Regione: i soldi pubblici vanno investiti in modo oculato e questa operazione va in direzione opposta.
Come è noto, i dissalatori andrebbero realizzati solo in assenza di altre fonti d’approvvigionamento. Se la Regione volesse fare una operazione sensata dal punto di vista economico, potrebbe riscattare il dissalatore di Porto Empedocle per utilizzarlo in una delle tante isole minori dove l’acqua potabile viene portata a peso d’oro dalle navi cisterna.
Per quanto riguarda Agrigento, la sua sete si sconfiggerà solo con il rifacimento della rete idrica e attraverso quella gestione oculata che è mancata negli ultimi decenni.