Ci sono prove su rapporti con esponenti di Cosa nostra, ma non esistono i presupposti giuridici per contestare il concorso esterno all’associazione mafiosa. E’ la valutazione ribadita dalla Procura di Catania che è tornata a chiedere al gip Luigi Barone, in sede di udienza camerale, l’archiviazione dell’inchiesta sul presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, e suo fratello Angelo, parlamentare nazionale del Mpa.

Il tema giuridico portante, che non ha fatto cambiare idea ai magistrati, è la sentenza di assoluzione da parte della Cassazione per lo stesso reato di Calogero Mannino, citata anche nel caso del senatore Marcello Dell’Utri.

E’ il capo della Procura, Giovanni Salvi, a spiegare che la decisione di tornare a chiedere l’archiviazione del fascicolo è legata all’attuale norma di legge sul concorso esterno all’associazione mafiosa. Secondo la Procura, infatti, vi sarebbero “elementi di prova su rapporti tra gli onorevoli Raffale e Angelo Lombardo ed esponenti di Cosa nostra, finalizzati a ottenere il sostegno dell’organizzazione criminale in occasione di competizioni elettorali”.

Ma, sottolinea il procuratore di Catania, “non vi sono invece elementi di prova sufficienti a ritenere che l’accordo si sia sostanziato in promesse concrete dei politici o in fatti che abbiano avuto efficacia causale sulla vita dell’associazione criminale, e cioè che l’abbiano rafforzata in maniera rilevante, come richiesto dai principi affermati dalla Corte suprema di Cassazione a sezioni unite”. Ovvero la famosa sentenza Mannino.

Per questo adesso la Procura di Catania, che ha consegnato al gip gli atti delle varie inchieste Iblis, “attende serenamente la decisione del giudice su una complessa questione di diritto, che non intacca gli elementi di fatto, ma soltanto la loro valutazione in termini giuridici”.

Diversa la posizione della difesa del presidente Lombardo: “Abbiamo ribadito – ha detto l’avvocato Guido Ziccone – che non risulta provata neppure la richiesta del voto da parte del presidente Raffaele Lombardo, perché è emerso che le persone alle quali erano stati dati i voti erano candidati non del Movimento per l’autonomia (Mpa) ma di altro partito”.

Il gip Barone ha sollecitato un’ulteriore integrazione chiedendo l’acquisizione delle testimonianze dei tre pentiti, Francesco Ercole Iacona, Maurizio Di Gati e Maurizio La Rosa, che sono stati sentiti in videoconferenza il 6 marzo scorso dal tribunale monocratico davanti al quale si celebra il processo per reato elettorale ai due fratelli Lombardo.

La posizione di Raffaele e Angelo Lombardo è stata stralciata dall’inchiesta Iblis nata da indagini di carabinieri del Ros su presunti rapporti tra mafia, affari e politica. L’udienza camerale davanti al gip Luigi Barone è stata aggiornata al prossimo 28 marzo con l’intervento del collegio di difesa di Angelo Lombardo.