Il termine crowdfunding indica il processo con cui più persone (“folla” o crowd) conferiscono somme di denaro (funding), anche di modesta entità, per finanziare un progetto imprenditoriale o iniziative di diverso genere utilizzando siti internet (“piattaforme” o “portali”) ricevendo talvolta in cambio una ricompensa. Si parla di “equity-based crowdfunding” quando tramite l’investimento on-line si acquista un vero e proprio titolo di partecipazione in una società: in tal caso, la “ricompensa” per il finanziamento è rappresentata dal complesso di diritti patrimoniali e amministrativi che derivano dalla partecipazione nell’impresa. Nella maggior parte dei Paesi in cui operano portali di crowdfunding il fenomeno non è soggetto a regolamentazione specifica. L’Italia è invece il primo Paese in Europa ad essersi dotato di una normativa relativa al solo equity crowdfunding.

È noto come il tessuto produttivo italiano sia fondato sulle piccole imprese. Sono anche note le loro difficoltà, soprattutto dopo la crisi del 2008, a ottenere finanziamenti dalle banche. Difficoltà ancora maggiori riscontrano le imprese neo costituite, meglio conosciute come start-up.


Proprio a tali imprese si riferiscono alcune norme introdotte dal Decreto Legge n. 179/2012 (articoli 25-32) (convertito nella legge 17 dicembre 2012, n. 221) recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” (noto anche come “Decreto crescita bis”). Lo stesso titolo del Decreto crescita bis ci fa capire le motivazioni della legge: lo stimolo alla crescita economica del nostro Paese. Nel complessivo disegno del legislatore, l’equity crowdfunding è lo strumento per favorire lo sviluppo delle start-up innovative attraverso la previsione di regole e modalità di finanziamento più semplici e in grado di sfruttare le potenzialità di internet.

Calogero Gallo

Dottore Commercialista