E’ nata ieri sera, e oggi è stata sottoscritta dai partecipanti alla tre giorni di lavori nell’isola delle Pelagie, la Carta di Lampedusa. Un documento che stabilisce i diritti dei migranti e che gli estensori della carta hanno già tradotto in inglese e si prefiggono di diffondere in altre lingue.
L’iniziativa, organizzata dall’associazione Melting Pot, ha visto la partecipazione di numerose realtà che operano in Europa e in Africa. Presente anche una delegazione turca.
I sottoscrittori della Carta – la cui prima parte elenca i principi e la seconda disegna le attuali politiche migratorie per affermarne i necessari cambiamenti – si impegnano a praticare e difendere i contenuti del documento “nei modi, nei linguaggi e con le azioni che ogni firmatario riterrà opportuno”.
La Carta di Lampedusa è il risultato di un processo costituente e di “costruzione di un diritto dal basso”. Le tragedie del 3 e dell’11 ottobre scorsi, con centinaia di morti nei naufragi al largo di Lampedusa, hanno accelerato l’iniziativa degli organizzatori, che imputano gravi responsabilità alle “politiche di governo e di controllo delle migrazioni”.
“La Carta di Lampedusa – è spiegato nel documento – non e’ una proposta di legge o una richiesta agli stati e ai governi. Da molti anni le politiche di governo e di controllo dei movimenti delle persone, elemento funzionale alle politiche economiche contemporanee, promuovono la disuguaglianza e lo sfruttamento, fenomeni che si sono acuiti nella crisi economica”.
Il documento afferma come “indispensabile una radicale trasformazione dei rapporti sociali, economici, politici, culturali e giuridici, a partire dalla costruzione di un’alternativa fondata sulla libertà e sulle possibilità di vita di tutte e tutti senza preclusione di nazionalità, cittadinanza e luogo di nascita”.
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