Non si parla di altro da due anni a questa parte. Non vi è trasmissione che non abbia tra i suoi ospiti un virologo. Siamo diventati dei veri esperti , ci destreggiamo tra una variante e un’altra con la disinvoltura di un professore di virologia dell’Università. Il nostro sorriso è stato sostituito dalle mascherine, il concetto di dose che prima apparteneva al mondo dei tossici, ce lo siamo ripresi e adesso sfoggiamo con sprezzante orgoglio la terza dose.
Stiamo tutti con la testa in su ad aspettare il picco per poi vedere scendere quella linea colorata che sta ad indicare non si sa che cosa. Ma detto questo , al netto di omicron delle centinaia di migliaia di positivi che ritroviamo anche sul pianerottolo di casa nostra , al netto che siamo noi stessi positivi sullo stesso pianerottolo, la domanda è: cosa ne sarà di noi? Come ne usciremo da questa pandemia che sembra non finire più? Cosa troveremo sugli scaffali delle attività oramai chiuse da troppo tempo? Quando torneremo a porteci stringere la mano e scambiarci un bacio? La preoccupazione di una economia non più in ginocchio , ma collassata per terra sembra essere sotto gli occhi di tutti.
Probabilmente alcune saracinesche non si alzeranno più, mentre altre continueranno ad abbassarsi. Questa volta non è stato necessario alcun lock down per farci rimanere a casa. E’ bastata la paura di essere contagiati . Le città , i paesi diventano come nei film il giorno dopo, quando per strada non vi è nessuno se non cadaveri. Nel nostro caso i cadaveri sono le insegne spente e le saracinesche chiuse. Paradossalmente i giornali titolano che i 100 uomini più ricchi al mondo durante il covid sono diventai ancora più ricchi e di pari passo la povertà è aumentata anche in quelle classi sociali che sembravano essere immuni al fenomeno.
L’aspetto più drammatico di tutta questa vicenda è la prospettiva, la mancanza di prospettiva, la perdita di una visione, di un qualsiasi progetto che ogni essere umano ha il diritto di avere , un progetto su cui credere, investire, lavorare.
Forse sarebbe il caso di smettere di invitare virologhi e iniziare a invitare nelle trasmissioni tv, visionari, psicologi, progettisti, sperimentatori, inventori, fantasisti, e magari narratori di barzellette . Quella mascherina, quella maledetta mascherina sarà vero che ci protegge ma è anche vero che ci ha rubato il sorriso.
Ho visto un film uno di questi giorni, uno delle centinaia viste durante questa pandemia , si intitola SongBird, racconta del mondo durante il Covid, durante il covid 23 , e pur essendo un film quasi fantascientifico, l’ho trovato talmente reale da rivederci molti tratti di questa vita che stiamo vivendo.
Vi è un minimo comun denominatore che in qualche modo ci accomuna tutti: una strana tristezza, una velata malinconia di quelle cose , di tutte quelle cose che ci sembravano così scontate, intoccabili, tanto semplici quanto preziose, quella fiducia ora sostituita dalla diffidenza, quel metterci in guardia al rumore di un colpo di tosse , l’allontanarci da un amico che fa uno stranuto. Sembra tutto così surreale, ma surreale non è. Non credo che sia necessaria un ‘altra variante per fare più danno di quello che si è già fatto. Di una cosa sono sicuro, che ci vorrà del tempo magari molto tempo, ma l’uomo, l’essere umato tornerà a riappropriarsi della sua vita, della sua normalità, del suo sorriso.












