La crisi idrica che affligge il territorio di Naro e il suo comprensorio agricolo è al centro di un dibattito che non accenna a placarsi. Calogero Licata, consigliere comunale del Partito Democratico di Naro ed ex assessore all’agricoltura, lancia un grido d’allarme sulla gestione delle risorse idriche in Sicilia, denunciando l’inerzia delle istituzioni e le scelte politiche che, a suo avviso, mettono a rischio il futuro degli agricoltori. Lo abbiamo intervistato per fare luce sulla situazione e capire quali soluzioni propone per evitare il collasso economico di un settore vitale per l’economia locale.
Domanda: Consigliere Licata, lei ha denunciato più volte la grave situazione delle dighe San Giovanni e Furore. Ci può spiegare cosa sta succedendo?
Calogero Licata: La situazione è drammatica e, purtroppo, non è una novità. Già l’anno scorso, quando ero assessore all’agricoltura, avevo segnalato con due lettere ufficiali – protocollate il 2 e l’8 agosto 2024 – la crisi idrica delle dighe San Giovanni e Furore, che erano ai minimi storici di capienza. Ho scritto all’Assessorato regionale all’agricoltura, al Dipartimento regionale dell’acqua e dei rifiuti, al Servizio 3-Dighe, all’Autorità di bacino del distretto idrologico della Sicilia e a tutte le istituzioni competenti, chiedendo un monitoraggio periodico delle dighe e un coinvolgimento degli agricoltori per pianificare le irrigazioni di soccorso. La risposta? Silenzio assoluto. A distanza di un anno, il problema si ripresenta, senza che sia stata adottata alcuna misura concreta. È inaccettabile.
Domanda: Quali sono le principali criticità che lei evidenzia?
Licata: Le criticità sono molteplici e strutturali. Abbiamo invasi incompleti, come la diga Furore, che non è mai stata collaudata e che, incredibilmente, quest’inverno ha visto l’acqua scaricata a mare invece di essere conservata per gli agricoltori. Poi ci sono le reti idriche fatiscenti, veri e propri colabrodo che disperdono quantità enormi di acqua. Aggiungiamo la mancanza di una programmazione seria, la riforma dei consorzi irrigui che è ancora in alto mare e, soprattutto, l’abbandono degli agricoltori, lasciati soli a fronteggiare una crisi che li espone agli speculatori. È una politica miope, che non guarda al bene del territorio.
Domanda: Lei ha proposto delle soluzioni concrete. Ce ne può parlare?
Licata: Certo. Basterebbero interventi mirati per fare la differenza. Ad esempio, collaudare finalmente la diga Furore eviterebbe sprechi assurdi come quello di buttare l’acqua a mare. Inoltre, bisognerebbe dragare il fondale della diga, rimuovendo almeno quattro metri di fango: questo permetterebbe di recuperare circa due milioni di metri cubi d’acqua, da destinare sia alle colture permanenti che stagionali. Sono soluzioni pratiche, non utopiche, ma richiedono volontà politica e programmazione, due elementi che finora sono mancati.
Domanda: Lei ha anche criticato il progetto di una nuova condotta idrica dalla diga San Giovanni a Licata. Perché?
Licata: Quel progetto era semplicemente irrealizzabile in un contesto come il nostro, con le dighe già al collasso. Portare l’acqua fino a Licata avrebbe significato privare ulteriormente il comprensorio di Naro di risorse idriche fondamentali, aggravando una situazione già drammatica. Come Partito Democratico, ci siamo opposti con forza, e i fatti ci hanno dato ragione. Non si può pensare di avviare grandi opere senza prima risolvere i problemi strutturali di base. È come costruire un castello sulla sabbia.
Domanda: Come giudica la gestione della crisi idrica da parte del governo regionale di centrodestra?
Licata: La gestione è stata a dir poco deludente. Non si può continuare a ignorare le richieste degli agricoltori e delle amministrazioni locali. La Sicilia ha un potenziale agricolo enorme, ma senza acqua non c’è futuro. Il centrodestra sembra non rendersene conto: non si investe in infrastrutture, non si pianifica, non si ascoltano i territori. Gli agricoltori non possono essere lasciati in balia di scelte scellerate o dell’inerzia. Non si gioca con la loro pelle, con il loro lavoro, con la loro vita.
Domanda: Qual è il suo messaggio agli agricoltori e alle istituzioni?
Licata: Agli agricoltori dico: non siete soli, continueremo a batterci per i vostri diritti e per un’agricoltura sostenibile. Alle istituzioni, invece, lancio un appello: basta con le promesse vuote. Servono fatti concreti, investimenti mirati e un dialogo costante con chi vive il territorio ogni giorno. La crisi idrica non è un’emergenza improvvisa, è una problematica cronica che richiede soluzioni immediate e lungimiranti. Non c’è più tempo da perdere.
L’intervista a Calogero Licata mette a nudo una verità scomoda: in Sicilia, la gestione delle risorse idriche è un disastro annunciato. La crisi delle dighe San Giovanni e Furore non è un caso isolato, ma il sintomo di un sistema che non funziona, fatto di infrastrutture obsolete, sprechi inaccettabili e una politica che troppo spesso si limita a proclami senza sostanza. Gli agricoltori, spina dorsale dell’economia siciliana, sono lasciati soli a combattere contro una siccità sempre più feroce e un sistema idrico al collasso.
Le proposte di Licata – dal collaudo della diga Furore al dragaggio dei fondali per recuperare acqua – sono semplici, concrete e, soprattutto, fattibili. Eppure, l’inerzia delle istituzioni regionali continua a prevalere. Scaricare acqua a mare mentre gli agricoltori implorano irrigazioni di soccorso è più di un errore: è un insulto a chi lavora la terra con fatica e dedizione.
La Sicilia non può permettersi di perdere il suo patrimonio agricolo. Servono investimenti urgenti per ammodernare le reti idriche, completare le infrastrutture esistenti e riformare i consorzi irrigui. Ma, soprattutto, serve una visione politica che metta al centro il territorio e chi lo vive. Non si tratta solo di salvare le colture, ma di garantire un futuro a intere comunità. La pelle degli agricoltori non è un gioco: è il cuore pulsante della nostra terra. È ora che chi governa lo capisca.