Nel 2011 il tasso di occupazione dei 18-29enni è sceso al 41%, dopo aver toccato il valore massimo del 53,7% nel 2002. Il tasso di disoccupazione dei 18-29enni, dopo una costante discesa tra il 2000 e il 2007, ha avuto un’impennata nel corso degli ultimi quattro anni raggiungendo, nel 2011, il 20,2%, un punto percentuale al di sotto del picco che si registrò nel 1997. E’ quanto emerge dal rapporto annuale dell’Istat.

La popolazione giovanile italiana si caratterizza, infine, per una quota dei Neet (giovani che non studiano e non lavorano) sensibilmente superiore (22,1% nel 2010) alla media europea (15,3%) – sottolinea l’Istat -. L’incidenza è significativamente più alta rispetto agli altri grandi Paesi europei quali la Germania (10,7%), il Regno Unito e la Francia (14,6% entrambi), ed è simile a quella della Spagna, che con il 20,4% si colloca al quint’ultimo posto dell’Unione europea.

In Italia si tratta di oltre 2,1 milioni di persone e il divario con gli altri Paesi riflette il minore inserimento dei giovani italiani nell’occupazione e la loro maggiore presenza nella condizione di inattività (piuttosto che di disoccupazione). Peraltro, la quota di giovani che non lavorano e non studiano aumenta a seguito della crisi del 2008-2009 e raggiunge il livello più alto nel Mezzogiorno, 31,9%, un valore quasi doppio rispetto a quello del Centro-Nord. Campania e Sicilia sono le regioni con le quote più elevate, superiori al 35%, seguite da Calabria e Puglia, con valori rispettivamente pari al 31,8 e al 29,2%.