Mercoledì, 1 dicembre 2010 Raidue, ore 23.05 Mannino attacca Santoro: “Nelle trasmissioni gestite da lui non ci si può difendere. A Samarcanda, nel’91, mi sono sentito come un mostro sbattuto in prima pagina”.

Su Falcone: “Nell’84 mi chiese di accettare l’incarico di commissario della DC e mi disse: “Restiamo uniti contro la mafia””.

22 mesi di carcerazione preventiva, 5 processi, oltre 300 udienze con 400 testimoni e 25 pentiti chiamati a deporre. Alla fine, il 15 gennaio 2010, l’assoluzione definitiva dall’accusa di Concorso esterno in associazione mafiosa dopo 17 anni da imputato.

Quella di Calogero Mannino è una vicenda senza precedenti, un caso giudiziario che ha diviso l’opinione pubblica e riproposto il tema più che mai controverso del rapporto tra Mafia, Politica e Giustizia. A ricostruirlo in uno speciale de La Storia siamo noi in onda mercoledì 1 dicembre su Raidue alle ore 23.05 è Giovanni Minoli in un lungo faccia a faccia con lo stesso Mannino. Lo storico leader della Democrazia Cristiana siciliana, più volte ministro negli anni ’80, si definisce in apertura di trasmissione una “vittima del sistema giudiziario”. Nel 1984, all’indomani dell’arresto di Vito Ciancimino, Mannino venne nominato commissario regionale su indicazione dell’allora segretario nazionale De Mita. Un incarico che accettò – rivela oggi a Minoli – solo dopo un colloquio riservato con Giovanni Falcone: “Falcone era convinto che nella lotta alla mafia bisognasse in Sicilia realizzare l’unità di tutte le forze politiche, non un’unità che desse dei salvacondotti a qualcuno, ma un’unità reale così come era avvenuto alla fine degli anni ’70 contro il terrorismo”.

La trasmissione prosegue con il racconto della lunga e drammatica detenzione preventiva subita da Mannino a partire dal 14 febbraio 1995. Inedita è la testimonianza di Giusy Burgio, moglie di Mannino.