I politici italiani usano sempre più spesso nei loro discorsi e nelle sigle dei partiti la parola “futuro” che compare anche nelle pseudo-associazioni culturali che stanno proliferando nell’ultimo periodo sul territorio usate come anello di congiunzione tra la politica e la società civile.

Sindrome da futurismo


In Italia sembra che nell’ultimo periodo i politici, gli intellettuali e tutti gli opinion leader siano affetti da una forma acuta di “sindrome da futurismo” che non ha nulla a che vedere con i vari ceppi dell’influenza invernale, piuttosto è l’ultima moda in fatto di tendenze politiche.

Dopo anni di rassegnazione allo status quo e letarghi vari, improvvisamente, sembrano tutti interessati al futuro della nazione e si tuffano su improbabili restyling di simboli e sigle di vecchi partiti, nel tentativo, a dire il vero patetico, di riciclare una classe dirigente che ha fallito in pieno quello che era il vero obiettivo: creare una nazione moderna, efficiente, meritocratica e proiettata verso le sfide del nuovo mercato.

Basta dare uno sguardo alle cronache politiche sui quotidiani per rendersi conto di quello che sta succedendo: tra ItaliaFutura, Futuro e Libertà per l’Italia, Popolari per l’Italia di domani e via discorrendo si rischia un’overdose da futurismo in salsa nostrana.

Tutti parlano in continuazione delle sfide che ci attendono per ammodernare il paese e degli sforzi che dobbiamo fare tutti insieme per dare un futuro migliore ai nostri figli che si troveranno a vivere in una vera nazione europea.

In realtà tutta questa voglia di futuro e di riforme è molto meno romantica di come appare.

Non lasciatevi illudere amici miei, nessuno sta lavorando su progetti seri per l’avvenire dei vostri figli; il futurismo della politica italiana è solo un vecchio trucco che serve a spostare sempre un po’ più in la l’orizzonte temporale dei discorsi che quotidianamente i nostri politici fanno in tv e sui giornali.

Spostando nel futuro le soluzioni ai problemi che ognuno di noi affronta ogni giorno come il lavoro precario, il traffico, l’urbanizzazione selvaggia, la mancanza di una rete efficiente di trasporti pubblici, l’assenza di un vero piano per la rete wifi, si ottengono due risultati importanti.

Il primo è aggirare l’ostacolo immediato di una criticità permanente con la solita frase “ci stiamo lavorando ma non è semplice ci vorrà ancora del tempo, questi non sono problemi che si risolvono dall’oggi al domani” per cui si giustifica il fatto che ai nostri problemi non viene mai data una vera risposta perché le soluzioni sono molto elaborate e complesse.

Il secondo risultato è quello di guadagnare del tempo prezioso; quelli che verranno dopo di noi si prenderanno le colpe per quello che si doveva fare e non si è fatto.

E’ la solita vecchia storiella del debito pubblico, avete mai sentito dire ad un politico che il debito è aumentato durante la propria legislatura?

La colpa è sempre degli altri che hanno lavorato male e in maniera sconsiderata, “ma noi adesso stiamo ponendo rimedio alle scelleratezze del passato con una sana e robusta politica economica” nonostante questi discorsi finiscano tutti con tanti buoni propositi inspiegabilmente il debito pubblico italiano continua a crescere a dismisura in barba ai virtuosismi e alle alchimie finanziarie dei vari governi che si succedono alla guida della nazione.

Se questi signori hanno veramente a cuore il destino del nostro paese potrebbero iniziare col dare un’occhiata a quello che ha scritto Alan Key, un informatico statunitense, a proposito del futuro: “Il miglior modo per lavorare al nostro futuro è iniziare ad inventarlo oggi”.

Potrebbe sembrar poco ma credetemi è pur sempre un inizio e potrebbe suonare anche meglio del solito “ci stiamo lavorando”.

Vincenzo Sciabica