E’ la parola “speranza” ad illuminare la Pasqua , una parola che non è facile accettare e che può sembrare solo poesia in questo periodo caratterizzato da tanti problemi. E’, in sintesi, il contenuto della lettera che l’arcivescovo di Agrigento, mons. Francesco Montenegno ha voluto rivolgere alle comunità per la santa Pasqua, “il giorno del Signore, il giorno della risurrezione, il giorno dei Cristiani, il nostro giorno” . <<Il mondo cambia velocemente- scrive don Franco- e quel che preoccupa, è che sembra cambi in peggio. Mai come in questi tempi abbiamo sentito parlare di crisi. Crisi del lavoro, crisi economiche, crisi nelle relazioni personali e nazionali. Paura del futuro, paura del presente, paura degli altri … Potremmo continuare a lungo questa litania negativa. Il credente, aiutato dalla sua fede, illuminata dalla luce pasquale, si muove in mezzo a queste realtà con la sicurezza di chi sa che il male non può avere il sopravvento, che il bene è sempre passibile, che si può guardare avanti con la fiducia di chi sa di non essere solo>>. Quello che si legge dalle parole del pastore della chiesa agrigentina è una voglia di guardare al futuro, appunto, con speranza e del resto la Pasqua è proprio speranza quella di risorgere da quello che eravamo, che è possibile cambiare il nostro status da ciò che eravamo a quello che potremmo essere , oltre la paura, oltre il dolore, oltre la maschera, oltre qualsiasi colpa, la possibilità della resurrezione, risorgere a nuova vita e redenzione del passato. <<La Pasqua -continua mons. Montenegro- è il giorno che, come il sole che spunta ogni mattina, riporta luce, risveglia i colori, riscalda i cuori, ridà lena per riprendere e continuare la fatica quotidiana, non appesantita dal buio della notte, ma rischiarata dalla luce che ritempra. Con la Pasqua, il Signore Risorto trasforma in festa la via dell’uomo. Se non fosse così tutto sarebbe inutile e sarebbe impossibile parlare di speranza>>. Parole profonde quelle dell’arcivescovo che bene fanno intendere come la Pasqua sia l’aspettativa di raggiungere la meta, di arrivarci dopo l’affanno di una corsa.<<E’ il giorno – conclude l’arcivescovo – che profuma di primavera, di voglia di nuovo e di diverso, di maniche sbracciate per fare la propria parte perché il buio scompaia, di suoni che cantano la vita. Vorrei – è questo il mio augurio – che ognuno di voi, noi tutti, possiamo avvertire queste benefica scossa del Signore e guardare il mondo con gli occhi e il cuore illuminati dal Risorto>>.
Valentina Alaimo

















