Riceviamo e integralmente pubblichiamo:

Pur accompagnato da un compatto coro di contestazioni, sfiorate anche da insulti personali, alla vigilia del voto del 28 ottobre avevo tentato di spiegare, attraverso Canicattìweb, le ragioni per cui non avrei votato per il movimento di Beppe Grillo.


Anzi avevo pure scritto che sarebbe stato più decoroso non andare a votare. Cosa che io ho fatto.

Avevo usato un tono pur deciso ma certamente educato. Ho ricevuto da alcuni lettori commenti decisi ed educati, mentre da altri ho ricevuto commenti indecisi e maleducati coerenti con la modestia culturale di chi li aveva scritti.

Oggi torno sull’argomento, ad urne abbondantemente chiuse, mentre il neoeletto presidente on. Rosario Crocetta, nel tentativo di formare il governo, combatte tra il suo ascetico desiderio di coinvolgere uomini al disopra di ogni sospetto (Borsellino, Battiato, già inseriti nella giunta ed altri rimasti solo nelle forme del tentativo di inserimento) e l’obbligo del pagamento delle cambiali politiche, da egli firmate ai partiti suoi sostenitori che dell’ascetismo di Crocetta se ne fanno un baffo.

Se avesse vinto Musumeci le cose sarebbero andate esattamente come stanno andando con Crocetta: sarebbero cambiati soltanto gli interlocutori (ma non tutti), non i metodi ed il contenuto del dialogo.

Se avesse vinto il geom. Cancellieri per i grillini le cose sarebbero andate in modo uguale.

A poco forse servirà il pur consistente cambio dei deretani che andranno a poggiarsi sugli scanni di Sala d’Ercole. E’ il sistema che non funziona. Quel sistema che, in nome di abusate procedure democratiche, concede troppo spazio ai mestieranti di lungo corso ed ai neofiti del mestiere di politico.

Diciassette liste, dieci aspiranti alla poltrona della presidenza regionale, oltre milleseicento candidati al parlamento regionale! Sono questi i numeri della falsa democrazia targata Sicilia. Scagli la prima pietra chi pensa che i componenti di tale esercito siano tutti cresciuti nel convento dei carmelitani scalzi.

Scagli la prima pietra chi pensa che l’intero reggimento dei candidati sperava di poter servire la collettività mettendo in seconda posizione il proprio vantaggio personale.

Dobbiamo prendere atto che non funziona il sistema elettorale, ma soprattutto, a casa nostra, non funziona questa Autonomia che fu voluta, ottenuta e scritta da uomini di livello intellettivo e morale che poco hanno da spartire con gli intrallazzisti di voti e di potere di cui la Sicilia oggi è, ahimè, assai colma.

L’autonomia è anche estremamente pericolosa per la vulnerabilità della sua operatività condizionabile, come essa è, dalle lobby e dalle organizzazioni criminali che, grazie al rapporto diretto e personale con i gestori del potere, spesso ne indirizzano anche le scelte. In cuor mio sarei felice di essere smentito in tale mia pessimistica valutazione se notassi concreti accadimenti in tal senso, ma non sentissi semplici parole di promesse pronunziate, pur in buona fede, da qualcuno.

Questa è la terra dove un presidente della regione è finito in galera per aver favorito la mafia, un altro si è dovuto dimettere perché imputato di altri gravi reati, un altro – si dice – è sfuggito ai rigori della legge per essere morto poco prima. Un altro presidente è stato assassinato dalla mafia. E vi sono altri politici che nelle proprie città girano col giubbotto antiproiettile rei di aver fatto il loro dovere. Faremmo male a considerare in modo autonomo tali gravi episodi (ovviamente ciascuno ha caratteristiche diverse anche per le qualità dei protagonisti), episodi che invece, pur nella rispettiva specificità e nella loro profonda diversità, vanno valutati nell’ambito di un contesto sociale che caratterizza pesantemente la Sicilia e la vita stessa dei siciliani.

Io spesso mi chiedo se in Sicilia decidere il “no” o il “si” rientri sempre e comunque nell’autonomia del gestore del potere o se, invece, la decisione è spesso viziata da pressioni varie verso le quali non possiamo, umanamente, pretendere che altri abbiano propensione all’assunzione di rischiose decisioni.

Il Presidente Mattarella va ricordato in quanto simbolo, e per questo eroe, di una Sicilia che ha tentato di far prevalere la legalità sul malaffare.

A fronte di tali amare constatazioni non va ovviamente taciuto l’altro grave e diffuso aspetto dell’anomala gestione del potere che si concretizza nell’accumulo di vantaggi personali per una sempre più famelica casta che, proprio dall’autonomia, trae lo strumento utile all’approvazione di leggi e di provvedimenti che servono a favorire il consolidamento di personali poteri e il conseguimento di illecite ricchezze.

Se episodi del genere non sono avvenuti in altre parti dell’Italia ciò significa che particolari condizioni ambientali non possono coesistere con autonomie politico-amministrative, poiché le pressioni, non sempre lecite, dettano sovente le agende della politica.

Io ben comprendo che norme costituzionali e blindature autonomistiche impediscono la facile abolizione o anche un semplice ridimensionamento di questo smisurato potere “tutto siculo”.

E’ per questo, proprio per questo, che mi sono astenuto dall’andare a votare. Perché io credo che l’astensione dal voto equivale ad un evidente rifiuto di essere pur involontari ed indiretti complici di un esercizio del potere che fa a cazzotti con le sensibilità e con le intelligenze delle persone.

L’astensione dal voto è anche un valido strumento per far capire, a chi deve capire, che la Sicilia non può continuare ad essere lasciata libera di sperperare il pubblico danaro, di soggiacere alle occulte o palesi pressioni di gruppi e di clan, di continuare a programmare il proprio futuro e la propria economia, la propria sanità e la propria scuola, le proprie pale eoliche ed i propri termovalorizzatori. Ormai abbiamo perso la maturità per farlo. In ciò abbiamo subito una involuzione culturale essendo passati dall’amministrazione di uomini che, all’inizio, seppero ben interpretare ed applicare l’autonomia che essi stessi avevano voluto e realizzato, fino ad arrivare, da alcuni decenni a questa parte, all’amministrazione di persone che dell’autonomia ne hanno fatto uno strumento di personale vantaggio e di abusato potere.

A cosa sarebbe servito, quindi, andare a votare per un movimento, quello ispirato da Grillo, formato da persone che brillano per la passione e, ne sono certo, per l’onestà più di quanto essi non brillino per specifiche professionalità che oggi l’emergenza richiederebbe? Vi prego, nessun grillino si incazzi di nuovo. Non voglio offendere nessuno anche perché non potrei offendere persone che sono sicuramente portatrici, nei rispettivi settori di appartenenza, di professionalità e di sensibilità superiori alle mie.

Ma, credetemi, dentro il parlamento regionale i grillini non faranno un cavolo se non opporsi o proporre leggi che perpetueranno, di fatto, i meccanismi ed il funzionamento di una “mamma regione” che purtroppo ormai è diventata matrigna verso i propri figli. A cosa servirebbe il programma grillino della riduzione degli emolumenti ai parlamentari o dell’assenza di pregiudizi penali perchè un cittadino si candidi? A cosa servirebbe tutto ciò se quel parlamento continua ad esistere per mal gestire poteri e danari?

Mi attendo, invece, che i grillini facciano quel che in effetti essi sanno fare senza essere, in ciò, secondi a nessuno: i guastatori. Ripetano, quindi, idealmente lo sbarco marinaro del loro leader, dopo quell’altro sbarco di centocinquant’anni fa fatto a Marsala con le barche da uno con la barba incolta, come Grillo, e si trasformino in novelli “picciotti” per riunificare l’Italia abolendo le autonomie dei novelli borboni.

Anch’io, in tale ipotesi, sarei un grillino.

Però, consentitemi una ultima annotazione, purtroppo negativa, sul veto opposto dal leader maximo del movimento 5 Stelle circa il carezzevole spasmo del “Punto G” che, mercè un ritrovato puritanesimo, impedisce agli eletti di partecipare al dibattito mediatico che, è notorio, oggi è un utile strumento di valutazione non soltanto dei programmi dei partiti ma anche delle qualità di chi ci rappresenta.

Cordialità.

Giuseppe