E’ indubbio, siamo assaliti continuamente da foto o notizie che non rendono di certo onore né al gentil sesso né a quello maschile. Parlo del donarsi non per amore, naturalmente è tutt’altra cosa, bensì mercificare il proprio corpo per interesse pecuniario o personale. Rispetto ad un tempo in cui la donna era puro oggetto in mano al maschio,oggi le cose si presentano in maniera differente: la moda prevede che donne attempate (di certo non casalinghe) si accompagnino a ragazzi giovani in cerca di notorietà, ragazze procaci e sovente siliconate per raggiungere vette agognate usano la scorciatoia del sesso con buona pace di coloro che invece meriterebbero attenzione per preparazione ed intelletto e non voglio proseguire sull’argomento perché tutto ciò è davvero triste. In questo marasma svilente permangono però quelle donne costrette a vendere se stesse lungo le strade sovente in stato di schiavitù e non è questa invenzione dei nostri giorni, è sempre esistita la prostituzione fin dai tempi dell’antica Roma in cui il maschio era dominatore nell’espressione sessuale e la donna strumento passivo senza volontà o possibilità di affermazione. L’ingresso in società per un giovane era sancito dalla visita al lupanare in cui, godendo di sesso prezzolato a buon mercato, poteva dirsi in seguito uomo a tutti gli effetti e anche vantarsi delle sue esperienze senza mai pensare però che l’assenza totale del sentimento svilisce l’incontro tra un uomo e una donna; questo era valido per i nostri antenati senza dimenticare però che fino agli anni’50 le case chiuse offrivano lo stesso servizio del lupanare di Pompei. Nel curriculum del maschietto il numero delle “vittime” della sua possanza venivano debitamente esaltate ed esposte a vanto; se solo una ragazza avesse osato cadere in un pettegolezzo per lei sarebbe stata la fine. Il padre per primo, così orgoglioso dell’attività del figlio non avrebbe mai perdonato la figlia anzi l’avrebbe considerata una reietta da castigare. Nell’Urbe le meretrices costavano poco, a seconda della specialità anche solo l’equivalente di una tazza di vino e nei postriboli finivano generalmente le schiave; guai se una donna sposata avesse commesso adulterio, sarebbe stata condannata allo stupro ed alla prostituzione accanto al Tempio di Venere. I Romani in pubblico erano incorruttibili, morigerati, casti, mentre nel privato ritenevano il sesso indispensabile per condurre una vita sana e scaricare quella che si riteneva esuberanza virile non già da condannare bensì da elogiare anche se il partner fosse stato un giovane schiavo. Lo Stato riteneva i lupanari importanti tant’è che li tutelava e permetteva due volte all’anno che le meretrices si recassero in processione al Tempio di Venere Ericina, loro protettrice. Non mancavano di certo postriboli di lusso totalmente lontani da quelli di Pompei che ancora oggi ci mostrano squallide celle o dei bassifondi di Roma in cui il piacere era davvero a buon mercato. E non mancava la pubblicità sulle pareti del lupanare in cui le prestazioni specialistiche erano affrescate con dovizia di particolari. Pompei docet.Per le donne invece la castità era di legge non parliamo poi se erano Vestali in servizio della dea dai sei anni osservando la più rigida obbedienza delle regole per un trentennio; non ci si poteva esimere da tale dictat sarebbe significato la frusta e la sepoltura da viva. Per gli uomini vigeva la più assoluta libertà sessuale extraconiugale praticata anche con giovinetti rigorosamente schiavi infatti il buon romano distingueva tra la sessualità riproduttiva in seno alla famiglia e ciò che gli era consentito come piacere tenendo presente che l’amore per una donna poteva infiacchire lo spirito, tutti gli altri no. Catullo non fu schiavo di Lesbia anche se nei carmi licenziosi ci narra ampiamente avventurette fuori schema? E Marziale non ci offre una carrellata con tanto di nomi di coloro che indulgevano in amori il cui oggetto della passione era un giovinetto? Il linguaggio di questi e altri autori non è minimamente velato, ogni termine legato all’erotismo non lascia spazio all’immaginazione ed il verso è espresso con estrema naturalezza anche se l’oscenità impedisce che la lettura degli stessi possa passare dai banchi di scuola. Però a ben pensarci nulla è mutato sotto il sole ciò che ieri era oggi è, son cambiate le forme espressive infatti quanto Marziale diceva a parole oggi si può vivere in un film in cui all’immaginazione è stata sostituita la partecipazione visiva dello spettatore. Stupirci? Perché?
Maddalena Rispoli