In occasione del 21esimo anniversario della morte del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli, per non dimenticare una delle più nere pagine degli anni di piombo avvenute in provincia di Agrigento, stamattina è stata celebrata una Santa Messa, nel Santuario di San Calogero, organizzata dal Comando provinciale dei carabinieri di Agrigento. Alla cerimonia hanno partecipato le più alte autorità politiche, militari e religiose. Presenti la vedova e la figlia del maresciallo Guazzelli. Da Palermo è arrivato il generale Riccardo Amato.Poco dopo il corteo si è spostato sul luogo dell’agguato, dove è stata deposta una corona d’alloro vicino alla lapide e data lettura della motivazione con cui il sottufficiale è stato insignito con la medaglia d’oro al valore civile.

DESCRIZIONE DELL’AGGUATO


Il sottufficiale dei carabinieri, verso le ore 13,20 circa al volante della sua Fiat Ritmo faceva rientro a casa percorrendo il viadotto Morandi. Affiancato da alcuni killer a bordo di altra autovettura, dopo averlo sorpassato aprivano il fuoco alla sua direzione. Raggiunto da innumerevoli colpi decedeva sul colpo. Il sottufficiale da sempre si era interessato di indagini complesse e situazioni di carattere mafioso, tanto da essere considerato la memoria storica per le conoscenze degli intrecci sulle cosche mafiose sia della provincia di Agrigento che di quelle limitrofe. Infatti aveva sempre dato eccellenti prove per capacità e versatilità nell’attività investigativa. Aveva collaborato con l’Autorità giudiziaria in indagini su agguerrite cosche mafiose operanti nell’agrigentino, per assicurarne alla giustizia i componenti, fornendo anche elementi indiziari in ordine a diversi omicidi. In una circostanza (testimone un suo stretto collaboratore), trovandosi negli uffici del Comando Legione carabinieri “Sicilia” e guardando i ritratti delle vittime dell’Arma per la lotta alla delinquenza mafiosa, aveva esclamato: “quanti amici ho tra questi uomini” riferendosi, tanto per citare qualche esempio, al Generale Dalla Chiesa, al Colonnello Russo, al Maresciallo Iavolella ed altri. Alla luce di quanto accaduto, tale esclamazione sembrava suonare come un terribile presentimento. Del resto il notorio impegno del Maresciallo Guazzelli nella lotta alla mafia più “qualificata” (per usare un termine non certo degno dei suoi assassini), non poteva che esporlo a simili rappresaglie. E di questo egli era pienamente cosciente, anche se ciò non era mai servito a fargli abbassare la guardia, né lo aveva mai indotto ad usare particolari cautele per la salvaguardia della propria persona. Ciò non certo per spavalderia ma semplicemente per la serenità d’animo con cui aveva sempre svolto il proprio dovere, tanto da ritenere che l’onestà e la correttezza professionale, non disgiunte dalla grande dote di umanità che lo avevano sempre accompagnato nella vita, bastassero a porlo al riparo da certi rischi. Così non è stato, purtroppo.  Come si è detto, il Maresciallo Guazzelli era sempre stato impegnato in prima persona nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata. Egli, infatti, aveva prestato servizio nelle zone più “calde” della Sicilia quali: Castelvetrano, Palermo, Palma di Montechiaro ove aveva retto il Comando di Stazione e, per ultimo, ad Agrigento dove era stato comandante del Nucleo Operativo (ora Nucleo Investigativo, con sede nella caserma che gli viene intitolata) ed infine responsabile della Sezione di Polizia Giudiziaria presso il Tribunale di Agrigento, con sede nel Palazzo di Giustizia del capoluogo di provincia. Profondo conoscitore del fenomeno mafioso, egli era senza dubbio la memoria storica non soltanto in relazione alla zone ove aveva prestato servizio, poiché nel corso della sua penetrante attività investigativa aveva avuto modo di cogliere e focalizzare quei grandi e solidi legami che le varie consorterie mafiose hanno a livello nazionale ed internazionale. Validissimo è determinante era stato il contributo che aveva dato soprattutto alla magistratura agrigentina per la celebrazione del cosiddetto maxi-processo alla mafia di questa provincia, nel quale erano stati imputati i mafiosi di maggior spicco dell’epoca. Non va poi dimenticato il suo incisivo e concreto impegno profuso nelle indagini riferite alla guerra di mafia degli anni ’90 che aveva insanguinato il popoloso centro di Palma di Montechiaro, durante le quali l’abilità investigativa del Maresciallo Guazzelli aveva consentito di far luce sui motivi scatenanti della “guerra” stessa e sui “personaggi” che l’avevano intrapresa, permettendo di avere chiaro quel quadro che poi si è tramutato in numerose informative inviate alla magistratura, dalle quali, com’è noto, erano scaturiti i provvedimenti preventivi previsti dalla Legge nei confronti dei mafiosi palmesi di maggior spicco. E’ opportuno, altresì, ricordare che in occasione dell’omicidio del Giudice Antonino Saetta e di suo figlio Stefano l’acume investigativo del Maresciallo Guazzelli portò all’individuazione dei sospetti responsabili, tutti poi uccisi in agguati mafiosi. Come si ricorderà, infatti, nel rapporto redatto dal Nucleo Operativo Carabinieri di Agrigento (all’epoca degnamente comandato dal Maresciallo Guazzelli) e rimesso alla magistratura nissena, vennero segnalati in termini di grave sospetto il capo mafia di Canicattì (ritenuto il mandante, per rendere un favore agli assassini del Capitano dei Carabinieri Basile) il “braccio destro” di costui, nonché noti esponenti della criminalità organizzata palmese dell’epoca. Nonostante fosse giunto alle porte della pensione (era in ausiliaria), costante era il suo generoso impegno nella lotta alla mafia ed è certamente per gran parte del suo merito se tanti altri suoi collaboratori riuscirono ad essere depositari di una valida memoria storica, che ha certamente portato un grosso contributo al prosieguo della lotta stessa.