E’ da 2 anni che non scrivo in questa rubrica, l’ultimo articolo era una dedica al grande amico scomparso in Palestina Vick Vittorio Arrigoni, non scrivo forse per noia o per mancanza di tempo o forse perchè tutto quello che avrei da dire lo leggo quotidianamente sul blog MenteCritica magistralmente coordinato da Gianalessio.

Questo è un viaggio nella memoria, nei ricordi d’infanzia e di adolescenza, quei ricordi che diventano quasi onirici, una sublimazione della realtà.

Le persone di cui racconterò sono speciali, non diverse, ma con un approccio libero alla vita senza le incrostazioni che ci portiamo dietro, senza falsi moralismi borghesi, persone veramente libere che hanno lasciato un segno indelebile nella mia generazione.

Procedo in ordine sparso, non cronologico, così come scaturiscono nella mia mente i ricordi:

“il Profeta” era un uomo di mezza età avanzata, veniva a Naro da Camastra a volte a piedi a volte con un passaggio, attraversava la via Dante nelle ore pomeridiane estive gridando a squarciagola un elenco di atti amorosi compiuti dalle api, dai fiori, da tutti i tipi di animali fino ad arrivare agli angeli. L’apoteosi si raggiungeva nel suo inconfondibile motto “Dio è grande e Jimi Hendrix è il suo profeta”.

“Il segnale orario”, è giusto fare una premessa, prima dell’era digitale alcuni servizi erano demandati a pochi fornitori, per l’ora esatta si aspettava il segnale orario del radio giornale o si chiamava la Sip. A Naro un giovane ipovedente e claudicante di una educazione e dolcezza estrema percorreva quotidianamente lo stesso tragitto, sia con il sole che con la pioggia,  salutandolo gli chiedevamo l’ora, lui appoggiava l’orologio ai vetri spessi degli occhiali e ci indicava perfettamente l’ora esatta.

“Il mago” era un giovane amante della bella vita, spendeva il giorno stesso la pensione sociale elargendola alle “bocche di rosa” della provincia e non. Aveva un pallino, si sentiva Houdini e a suo dire riusciva a sciogliersi da qualsiasi imbracatura, una sera ci “sfidò” al bar e volle essere legato ad un palo a San Calogero, noi  ci nascondemmo alla villa e dopo alcuni minuti venne “liberato” dagli operatori ecologici, il giorno dopo al bar si vantò di essersi sciolto e di averci cercato invano per ritirare la scommessa vinta.

La signora con il broccolo“, di questo evento ho realmente vaghi ricordi, di certo a sanmilasi una signora a volte circolava con un lenzuolo a drappo come una toga e un broccolo in mano.

“L’imprecatore
“, da piccoli giocavamo anche a u muragliuni di sant’agustinu, qui sostava l’imprecatore, stava ore a guardarci in silenzio, navigava con la sua mente e con la sigaretta senza filtro in mondi lontani, ma appena una macchina di passaggio lo chiamava allora scattava un elenco di imprecazioni che partivano dalle doti della madre dell’automobilista per finire sino alla settima generazione.

“Il colosso” era un omone con i baffi, dalla forza straordinaria, riusciva a caricare sulle sue spalle 2 o 3 quarti di bue destinati alle macellerie, noi sempre da piccoli giocavamo a pallone o chianu, sopra sant’Erasmo e la nostra porta era quasi dirimpetto all’uscio del “colosso“, nei pomeriggi estivi lui faceva un riposino, infastidito dal rumore della palla usciva con il sangue agli occhi e ci sequestrava la palla, dopo qualche ora la madre ci restituiva tutto, era un uomo buono e non avrebbe mai fatto male a una mosca.

La persona a cui ero più legato era “u marasciallu“, uomo di poche parole e di dolcezza infinita, si metteva all’altezza di SanCaloriu picciulu e in un taccuinio annotava le multe alle macchine in sosta, non ho mai visto quel taccuino ma Sasà, l’unico ad avere avuto accesso al sacro libretto, ci disse che erano  solo degli scarabocchi, a me piace pensare invece a una nuova forma di scrittura da lui creata, un esercizio semiotico di alto livello. Ogni giorno gli chiedevamo il permesso per posteggiare le moto, lui lo concedeva solo per alcuni minuti, quindi tornavamo a rinnovare il permesso. Questo rapporto continuò anche dopo, “u marasciallu” chiamava mio padre parrì, a volte passava da via Dante e mia madre preparava un panino che lui  mangiava tranquillamente seduto nei gradoni della chiesa di San Nicolò, spesso a fargli compagnia scendevamo io e Alfonso. Un giorno qualcuno dell’amministrazione chiese a mio padre di redigere un TSO perchè “u marasciallu” abitava in una casa angusta senza corrente elettrica, mio padre non solo si rifiutò ma con risposta scritta fece notare che l’amministrazione era in difetto perchè non aiutava, come doverosamente avrebbe dovuto fare, i bisognosi.  Lo vidi dopo la morte di mio padre e non scorderò mai il nostro ultimo incontro, vedendomi mi saluto così “ciao, parrì”.

Ci sarebbero altri su cui raccontare ma la memoria a volte fa brutti scherzi e i ricordi sono labili, vorrei però lanciare un appello a chi di competenza e ai naritani tutti, la storia non è fatta solo di illustri personaggi, Papi, famiglie nobiliari e parruconi vari, ma anche da queste persone semplici, libere, genuine: vorrei che ci ricordassimo di loro con una semplice scritta, non una piazza o una via, solo una piccola iscrizione:

“Naro ricorda quei figli speciali che con semplicità e amore ci hanno donato un sorriso”

Gero Marsala

stay tuned, stay human!!

Ps. è doveroso ringraziare la mia memoria storica, il mio fraterno amico Ennio, che interpello quotidianamente per un viaggio tra i ricordi.

Ps2. vi chiedo cortesemente, per una forma di rispetto,  di non indicare i nomi dei protagonisti nei commenti.