Non è nostra abitudine rispondere a quanti, utilizzando i loro siti  come appuntite armi di disinformazione e come se la fabbrica del fango fosse ormai uno sport nazionale, scrivono interpretazioni fantasiose o distorsioni della realtà a volte eccessive o esagerate, secondo convenienza ovvero secondo propri interessi.
Vorrei rispondere a tutti, punto per punto, ma ci vorrebbe una enciclopedia con i doverosi richiami agli errori o forse alle menzogne, sia storici sia recenti, che sono stati commessi e reiterati dai vertici delle tante associazioni che dicono di rappresentare l’autotrasporto. Anni di volute distorsioni per impedire una seria politica strategica del settore, per piegare la realtà alla convenienza, a volte all’arroganza, all’eccesso di mediazione con i rappresentanti della committenza, agli strumenti normativi inefficaci ed inefficienti. Insomma, le responsabilità della crisi che attanaglia il settore, ha senza ombra di dubbio padri sin troppo identificabili.
Ma partiamo da una breve analisi su cosa è realmente accaduto in questi anni:
Nel recente passato, un rappresentante di categoria è passato dall’altra parte della barricata, dagli autotrasportatori al governo. Dopo avere eliminato le tariffe obbligatorie sostituendole con una disposizione basata sulla responsabilità di filiera, tanto utopica e irrealizzabbile da aver spinto le autorità di controllo ad alzare bandiera bianca; dopo aver costruito una consulta per la logistica, più utile per le passerelle che per i contenuti, marginalizzando l’Albo degli autotrasportatori, è ritornato dalla parte di qua della barricata, con piglio da professore ma con la solita e riconosciuta abilità alla manipolazione della realtà;
Prima di ritornare nell’alveo protetto della sua associazione, il nostro, grazie a  una breve esperienza parlamentare è riuscito a raddoppiare i danni per gli autotrasportatori; ha infatti trascinato  Forza Italia a dire no all’articolo 23 del “mille proroghe” (dopo la caduta del Governo Prodi) che conteneva le risposte alla categoria frutto dell’impegno conseguente al fermo dell’autotrasporto nel dicembre 2007;
Archiviata nel solito nulla la responsabilità di filiera, un gruppo di associazioni (unatras) i cui vertici determinano da anni le condizioni normative e dispositive dell’autotrasporto italiano sia per il tramite della Consulta (chiusa dal Governo Monti), sia per il tramite dell’Albo, ha varato e fatto introdurre una norma complessa e confusa che passa sotto il nome di “costi minimi di sicurezza” (otto diverse correzioni parlamentari evidenziano un’accozzaglia di norme che forse troverebbero più degna posizione in un codice penale);
Solo su insistenzadi Trasportounito, si aprì un tavolo di confronto per una riforma complessiva del settore, per discutere quindi sui tempi di pagamento, sulla remunerazione delle attese al carico e scarico, sù sub- vezione ed intermediazione ecc…
Ma l’intesa che nel giugno del 2010 ne è scatuita, fu inconcludente e quindi letale per l’autotrasporto, e ancora una volta respinta solo da Trasportounito. Tale intesa ha prodotto una Legge (127/10) contenente  misure a favore dell’autotrasporto con disposizioni, di fatto, non solo carenti ma anche inapplicabili. Buoni propositi eccezionali ma contenuto zero.
Nel frattempo, ogni anno risorse economiche vengono destinate al settore. Accade  così da oltre 20 anni con alcune associazioni dell’autotrasporto impegnate a chiedere soldi “per la categoria”. Governi di destra, di sinistra e di centro ad ogni finanziaria (oggi Legge di Stabilità) si sono dovuti misurare sulla quantità di denaro da assegnare “alla categoria”. E’ stato per anni il prezzo da pagare per mascherare una normativa sempre più inadeguata, pensata solo per garantire protezione alla committenza (industria, distribuzione ecc…), e schiavizzare una categoria formalmente beneficiata di soldi che non avrebbe mai visto perché a beneficiarne con sconti e contratti capestro erano e sono altri. Ciò ha impedito al settore di svilupparsi secondo una normale e normata logica di mercato. La qualità delle leggi che regolano l’attività di trasporto merci sulle strade è oggi  pessima, inapplicabile e progettata su misura per consentire a chi commissiona servizi di trasporto merci su strada, di eludere e non rispettare norme fumose, tutelando solo ed esclusivamente interessi di parte, generando oltretutto forme atipiche di illeciti parziali o totali. Il tutto in una latitanza totale di controlli da parte dello Stato.
Abbiamo assistito al riproporsi e affinarsi negli anni di una strategia precisa finalizzata solo a trasformare una filiera economica, un tempo sana, in un mercato degli schiavi:
a.      tanti protocolli autoreferenziali. A volte con dichiarazioni di pace sociale;
b.      tanti soldi erogati dallo Stato. Alle imprese di autotrasporto solo gocce perché sempre più deboli e ricattabili;
c.       norme infide e inapplicabili. Frutto di eccessive mediazioni e accordi sottobanco;
Risultato: imprese in cronica sofferenza finanziaria, che chiudono e riaprono per nascondersi da equitalia & C., imbrogliano per sopravvivere, non credono al futuro e neanche ci sperano più.
Risultato finale: un lavoro ormai precario, sottopagato e non tutelato, che si svolge in un ambiente sempre più degradato e sfigurato nella dignità umana e imprenditoriale.
Risultato a seguire: un crollo verticale degli standard di sicurezza sulle strade e autostrade italiane dove l’illegalità è diventata legge.
In vent’anni lo Stato ha buttato nel buco nero dell’autotrasporto oltre 6 miliardi, qualcosa come 400 milioni di euro all’anno. Quanti di questi soldi sono arrivati nelle casse delle imprese? di Quanti ha beneficiato la Committenza? In quali rivoli si sono persi?
Ad esclusione delle risorse strutturali (vedi accise ecc…), è il momento di porsi interrogativi seri. E forse sarebbe il caso che se li ponesse il Parlamento, in primis quelle forze politiche che più hanno a cuore gli interessi del cittadino-contribuente.
La scelta è sempre stata quella di disperdere risorse del paese per impedire che in un mercato regolato fosse realmente pagato il valore del servizio di trasporto merci su strada, servizio – è il caso di ricordarlo – che è l’unico nell’offerta di servizi di trasporto (dai treni al tpl, dagli aerei ai traghetti) a non essere pagato anticipatamente.
Oggi è il momento di porsi e di far porre alle forze politiche, ma anche alle associazioni dei consumatori, alle associazioni delle vittime della strada, ai normali cittadini una serie di interrogativi.
Per fare un esempio: vale di più il pagamento, reso obbligatorio, a 30 giorni data fattura o lo sconto sui pedaggi autostradali ? vale di più la remunerazione certa delle attese al carico/scarico o il recupero del Ssn sulle polizze Rca ? Vale di più un sistema di copertura dei costi di produzione dei servizi o le risorse da assegnare agli investimenti ?
Con un quadro normativo serio e coerente la finalizzazione delle risorse economiche assumerebbe un significato strutturale certamente diverso. E’ il caso di investimenti mirati, in infrastrutture, comprese quelle di dirottamento di quote insistenti di traffico marittimo dalle strade alle navi ( Sicilia, Calabria e Sardegna), o di interventi mirati alla strutturazione ed al dimensionamento delle imprese.
Nella recente vertenza con il Governo, a prescindere dal recupero del rimborso delle accise, esistevano due piattaforme diverse per struttura e strategia:
–          Trasportounito chiedeva e continuerà a chiedere una modifica delle regole per renderle efficaci, oltre agli interventi per la Sicilia e Sardegna.
–          Unatras-Anita chiedevano la conferma dell’erogazione di 330 milioni di euro, e la conferma, con potenziamento dei poteri, dell’Albo degli Autotrasportatori.
Il Governo ha scelto di dare seguito alle richieste di Unatras e Anita. Ha assunto una precisa posizione senza neanche provare a mediare fra le diverse proposte, salvo poi presentare un emendamento, a contestazione avviata, con il quale viene chiarito normativamente che la fattura relativa ai servizi dell’autotrasporto deve essere emessa entro il mese. Acqua calda per un malato terminale.
E infine, un ulteriore interrogativo. Perché le altre associazioni e il governo hanno utilizzato la doppia linea della disinformazione da un lato dicendosi stupiti e sorpresi della protesta, dall’altro cercando di soffocarla sul nascere con un’aggressione da Stato di polizia contro chi manifestava sventolando la bandiera falsa di infiltrazioni estremistiche o mafiose?
Quale era  e qual è la reale partita in gioco? Cosa si cela dietro al circuito pedaggi autostradali tanto cari all’alleanza fra governi e Associazioni di regime?
Non è nel nostro stile insultare  o specialmente insinuare sospetti. Ma quando si farà luce sulle interconnessioni fra finanziamento pubblico, consulta, Albo e ruolo delle associazioni dominanti e della loro casta di regime sarà sempre troppo tardi.
Per quanto ci riguarda Trasportounito saprà stare tanto nelle strade tanto nel palazzo, e continuerà a perseguire una unica finalità: aiutare e difendere l’autotrasporto italiano.
Maurizio Longo