tromb-_oilSpesso, troppo spesso nella storia dell’uomo i muri sono stati oggetto di guerre, discussioni, barbarie, scontri, contese, ma  soprattutto di divisioni. Un muro divide sempre qualcosa , sia territorialmente che socialmente. Questo è accaduto anche da noi. Siamo sicuri che il problema sia il muro , che può piacere o non piacere, piuttosto l’incapacità di trovare una soluzione?

Quella del giardino verticale credo non sia stata neanche presa in considerazione, non perché non piaccia o non sia oggettivamente la soluzione al problema; ma perché non la si immagina. Abbiamo smesso di immaginare. Abbiamo smesso di immaginare una città diversa, nei colori, nella struttura, nella viabilità, nella sistemazione delle cose. Abbiamo smesso di immaginare un posto bello, vivibile, armonico. Ci siamo abituati alle brutture, ai cassonetti strapieni già alle 9 del mattino, alle auto in terza fila, agli angoli del paese in entrata e uscita che sembrano scorci di casbe degne delle favelas brasiliane. Non le vediamo più. Ci passiamo centinaia di volte al giorno davanti, ma non le vediamo più. Questa sorta di assuefazione visiva al brutto , al trascurato, all’incuria, ci ha oramai resi un tutt’uno con il paesaggio. Nessuno più esercita il diritto della fantasia, ed ecco che lo spuntare di un muro ci fa all’improvviso comprendere che il brutto esiste ed è tra noi. Ma non vogliamo disfarcene, vogliamo che rimanga li affinché noi tutti abbiamo un muro che ci separi che ci faccia litigare. Ma non vediamo l’entrata del paese ridotta a discarica a cielo aperto, spazi di privati in luoghi strategici della città lasciati all’incuria, un esercito di capanne e camioncini  ad ogni angolo, insomma non vediamo più come ci siamo ridotti.


Vi invito a fare un gioco , che spesso fanno i bambini, guardate attorno, la vostra via, il vostro quartiere e provate a immaginarlo diverso, rimettete in moto la vostra fantasia e in automatico rimetterete in moto la rabbia verso chi ha avuto la capacità di ridurlo in questo stato e non mi riferisco solo a chi è deputato a gestire la cosa pubblica, ma anche a  chi ci vive che cessa di essere un incivile non appena varca la porta di casa propria.

E’ tutto da rifare, ma bisogna cominciare, bisogna cominciare a smettere di non vedere, di non sentire, di non partecipare, di non chiedere, di non pretendere, di non indignarsi, di sentirsi dire “grana nun ci n’è”. Il nostro degrado, lo squallore delle vie della nostra città non hanno nulla che fare con il danaro, hanno a che fare con la voglia di fare, con la repressione degli atti incivili, con idee a basso costo e ad alta resa.

Penso alla realizzazione di trompe l’oeil  ( sono gigantesche realizzazioni  con effetti tridimensionale) su alcune facciate squallide e tristi di enormi palazzoni, opere d’arte appaltate ad artisti di strada che diventerebbero pura attrazione e vero godimento per la vista, debitamente illuminati. Penso a una viabilità diversa, studiata a tavolino che decongestioni l’intestino di questa città affaticata, penso alla trasformazione dello stadio oramai in un luogo logisticamente improponibile, che diventa polmone per l’intera città, al contempo penso alla ricerca e all’individuazione di finanziamenti per la realizzazione di una nuova struttura in un luogo sicuramente più idoneo. Penso a un palinsesto di iniziative culturali serie, precise, magari legati a laboratori teatrali, di scrittura e di lettura. Penso a Largo Nassiria, debitamente attrezzato per ricevere le centinaia di ragazzi che ci sostano quotidianamente, penso alla neo zona industriale, che industriale non sarà mai, adibita a centro sportivo per gli amanti della corsa e per le famiglie che vogliono portare i bimbi a correre in bici in totale sicurezza. Adesso smetto di pensare

Credo che l’unico muro di cui ci si debba indignare è dentro di noi, in quel caso non serve il giardino verticale, va abbattuto.

Cesare Sciabarrà