gdf-2C’era quello che dopo aver timbrato se ne andava in un centro massaggi e quell’altro che se ne stava seduto ore al bar; quello che passava la mattina a fare shopping e quell’altro che durante le ore di lavoro andava tranquillamente ad allenare una squadra di basket.

L’ennesima conferma di quanto l’Italia sia ancora un paese di furbetti arriva dal Comune di Milazzo: un dipendente su tre, anziché svolgere il lavoro per il quale era regolarmente pagato, si occupava d’altro. Principalmente degli affari suoi.


A scoprire la truffa è stata la guardia di finanza, coordinata dal procuratore di Barcellona Pozzo di Gotto Emanuele Crescenti. Tra novembre e dicembre del 2014 i finanzieri, dopo aver piazzato le telecamere su tutti gli ingressi di Palazzo Crispi, la sede del Comune di Milazzo, hanno osservato il via vai dei dipendenti infedeli.

Poi, per tutto il 2015, hanno effettuato le verifiche, con pedinamenti, controllo dei registri orari, incrocio di date e presenze. Alla fine sono scattati i provvedimenti per impiegati e funzionari: per 59 di loro (su 190 totali) è stato ipotizzato il reato di truffa ai danni dello Stato ed è stato disposto l’obbligo di firma, mentre un’altra quindicina sono stati iscritti nel registro degli indagati.

Rischiano da uno a 5 anni di carcere e il licenziamento. Le “diffuse e reiterate” irregolarità riscontrate, dicono gli uomini delle Fiamme gialle, hanno consentito ai dipendenti di totalizzare più di mille ore di assenze ingiustificate sul lavoro. Ore, neanche a dirlo, che sono state loro regolarmente pagate. Un comportamento che ha provocato non solo un danno economico per la pubblica amministrazione ma anche disagi evidenti per i cittadini, costretti dall’assenza dei dipendenti ad aspettare settimane per veder chiusa una pratica.

Le ulteriori indagini chiariranno ruoli e responsabilità di ciascuno, ma quel che sembra già chiaro è che molti sapevano e non hanno fatto nulla. La guardia di finanza ha infatti accertato che impiegati e funzionari, a piccoli gruppi, si mettevano d’accordo affinché uno di loro – a turno – timbrasse i badge magnetici per tutti gli altri, consentendo ai colleghi di arrivare in ritardo, andare via prima, uscire per dedicarsi ai fatti propri.

I pedinamenti e i controlli hanno così permesso di scoprire il dipendente che passava le ore al bar, il gruppetto che passeggiava tranquillamente nel centro di Milazzo per fare shopping, il dipendente che durante il lavoro andava regolarmente ad allenare la squadra di basket, facendosi segnare anche delle ore di straordinario. O, ancora, il funzionario dell’ufficio procedimenti disciplinari del Comune che anziché in ufficio era in un centro di terapia per dei massaggi.

“Si sovraccaricano l’autorità giudiziaria e le forze di polizia di impegni che potrebbero essere evitati se soltanto funzionassero i controlli amministrativi – ha commentato il procuratore Crescenti -. Se ci fosse un controllo disciplinare interno negli enti, che evitasse la necessità di un intervento giudiziario, si creerebbe anche una mentalità. Perché adesso la mentalità del caffè o del massaggio, è insita. E invece un controllo forte forse lo eviterebbe, non solo a Milazzo”.