Volere fare entrare un elefante in una lavatrice e poi apostrofarlo come disubbidiente è ciò che accade a Canicattì con la spazzatura. Ma andiamo per gradi per comprendere meglio il senso di questa metafora. L’oggetto della discussione si chiama “isola ecologica”. Vediamo cosa è un’isola ecologica. Un’isola ecologica è un contenitore, un robusto contenitore di ferro contenente al suo interno otto cassonetti, i classici cassonetti che prima vedevamo per strada. Ogni cassonetto fa riferimento ad una botola e ogni botola ad una tipologia di rifiuto.

La capienza di ogni singolo cassonetto è di 1100 litri ( questa è l’unità di misura con la quale si misura la loro capienza). L’isola ecologica al contrario al contrari di un semplice ed enorme cover che nasconde in pancia i cassonetti, è fornita di strumentazione hardware e software  con relativo lettore , in grado di leggere la classica tessera sanitaria dell’utente che intende in essa conferire.

Spieghiamone il funzionamento: l’utente arriva una qualsiasi giorno della settimana striscia la sua tessera sanitaria , l’isola gli consentirà di aprire la botola ove quel giorno , quel determinato giorno è previsto il conferimento di quel dato rifiuto, sia essa plastica , piuttosto che vetro o organico.

L’utente una volta conferito il rifiuto di cui è previsto lo smaltimento quel giorno della settimana, ritira la tessera sanitaria, insieme a uno scontrino, una vera ricevuta avente valore legale che gli consentirà lo sgravio al momento del pagamento delle bollette. Fin qui il funzionamento. Adesso parliamo della finalità.

Le isole ecologiche , in quanto isole nascono per servire quei posti “ isolati “ che non sono raggiunti dalla raccolta “ porta a porta” e consento alle famiglie che abitano in questi posti, come contrade o quartieri periferici di conferire in un luogo relativamente vicino e di potere al pari degli altri usufruire dello sgravio in bolletta.

Un’isola ecologica fatti due conti , in base agli otto cassonetti che essa contiene e alla loro capienza , in considerazione che la si faccia funzionare con la tessera sanitaria, quindi rispettando le turnazioni, può servire circa ottanta famiglie. Questa è l’isola ecologica e il suo giusto utilizzo. Torniamo al nostro elefante e alla lavatrice.

Vediamo come la si utilizza a Canicatti. Punto uno: le isole ecologiche presenti a Canicattì, insistono tutte in zone centrali e densamente abitate, quindi servite dal servizio di raccolta porta a porta. Un esempio è quella di Largo Aosta , nella centralissima Largo Aosta. L’isola posizionata in quel punto della città, oltre a non rispondere all’utilizzo per cui è stata progettata e pagata, cioè servire zone non raggiunte dal servizio porta a porta, dissuade gli abitanti attorno all’isola a utilizzare i mastelli. Chi volete che conferisca con i mastelli , considerando che comporta un impegno sicuramente superiore e molto meno igienico che andare a conferire nell’isola ecologica a trenta metri dal proprio portone.

Se poi ci metti che si può conferire senza essere identificati, perché hanno spento il meccanismo del riconoscimenti tramite tessera sanitaria e in più tutte le botole sono sempre aperte a prescindere dal giorno del conferimento, il risultato non può che essere quello a cui ogni giorno assistiamo.

Aggiungiamo che bastano solo un paio di condomini che insistono nelle vicinanze per riempire l’isola nel giro di un paio di ore. In ultimo , ma non ultimo, la spazzatura che viene raccolta dagli operatore trovata ai piedi dell’isola non è differenziabile e viene classificata e smaltita come indifferenziata , monnezza questa il cui smaltimento ci costa un botto di danaro, che paghiamo noi cittadini , danaro a cui si deve sommare il costo sempre più oneroso a causa del fatto che noi non raggiungiamo neanche lontanamente il famoso 65% di differenziata che da diritto da parte della Regione a contributi che vanno a fare dimagrire i costi sulla collettività.

Se avete avuto la bontà di leggere fin qui, provata a chiedere ai nostri amministratori di pubblicare copie dei formulari per fare prendere coscienza che quanto  fin qui narrato trova riscontro nella triste realtà. Tutto questo genera l’insofferenza della gente che non essendo messa nelle condizioni, vuoi logistiche ma anche coercitive di rispettare le regole, viene tacciata come “vastasa” alla stessa stregua dell’elefante che viene tacciato cone disubbidiente dal domatore, perché si rifiuta di entrare nella lavatrice.

Ma il capitolo spazzatura è un mistero ancora più fitto se si pensa che altri paesi , dove a fare la raccolta sono le stesse imprese che la effettuano a Canicattì, hanno raggiunto percentuali di differenziata di tutto rispetto. E pensare che avevamo messo nelle poste di bilancio 750 mila Euro che avremmo preso da CONAI per le nostre virtuosità. Chi ha buona memoria ricorderà che io lanciai una scommessa , disponibile a chiudere la testata che state leggendo , se avessi solo preso un terzo di quello che avevano messo come posta di bilancio. Come vedete voi state continuando a leggere la testata e io sono uno che le scommesse le onora. Siamo dovuti rimanere aperti.

Se a tutta questa storia aggiungiamo che le ultime fotografie postate da qualche buontempone che ritraggono gente che conferisce alla base delle isole ecologiche, forse nella sua ingenuità non avrà pensato che questa sua azione metterà in moto un circolo vizioso pericolosamente inquinante , perché la gente temendo di essere fotografata, non porterà più la spazzatura ai piedi dell’isola dove comunque era assicurata alla raccolta, ma la distribuire nelle varie campagne e trizzere già fortemente provate.

Finisco con il ricordare a me stesso e a voi lettori , la fine fatta fare al CAM, oggi sotto sequestro e con all’interno la nostra tramoggia, strumento preziosissimo pagato dalla comunità e Foro boario, polmone verde fortemente violentato , con l’estirpazione di alberi secolari , con la perdita di una fauna importante , con la distruzione di un polmone di verde oggi ridotto a cloaca, e precedentemente contenitore di percolato, tutto questo testimoniamo da immagini e video .

Detto questo, termino dicendo, che spesso c’è chi prova a convincerci che siamo un popolo di vastasi e pezzi di merda , ma in verità il fetore arriva da altre parti.