Il gaming rappresenta uno degli hobby in assoluto più apprezzati nella Penisola. Il mercato videoludico italiano ha infatti raggiunto un valore complessivo di 2.06 miliardi di dollari: una cifra molto ampia, ma ancora lontana dagli standard stabiliti dai mercati più grandi a livello globale. In particolare, gli Stati Uniti dominano il settore con una spesa di quasi 55 miliardi di dollari, seguiti dalla Cina con 44 miliardi e dal Giappone, che registra una spesa pari a 39.8 miliardi di dollari. In Europa, Paesi come il Regno Unito e la Germania denotano dei volumi di spesa superiori rispetto all’Italia, confermando la posizione ancora marginale del mercato nostrano.
Il gaming in Italia: un settore in crescita
Nonostante queste differenze, il gaming in Italia continua ad essere un settore in grande crescita. Statisticamente, circa il 35% della popolazione italiana rientra nella categoria dei gamer, per un totale di 15.5 milioni di persone. Tra questi, la spesa media annuale pro capite si attesta sui 132 euro: un dato che rispecchia l’interesse crescente verso i videogiochi, ma anche le difficoltà economiche legate alla crisi. L’inflazione globale ha infatti reso più difficile per molte persone sostenere le spese non essenziali, fra le quali rientrano ovviamente anche quelle legate al settore videoludico.
Nonostante ciò, l’industria italiana del gaming sta beneficiando dell’introduzione di alcuni modelli innovativi relativi sia alla fruizione, sia alle modalità di gioco. Nel primo caso occorre citare come esempio emblematico il Game Pass di Microsoft: una tipologia di abbonamento che permette agli utenti di accedere ad un ampio listino di titoli ad un costo più accessibile. Nel secondo caso, invece, ecco i game show live nei casinò online in streaming, capaci di replicare in parte l’esperienza presso una sala da gioco reale, con croupier e presentatori in carne e ossa.
I numeri sono buoni, ma la strada è lunga
Nonostante questi progressi, la distanza che separa l’Italia dai principali mercati globali resta notevole. La Francia, ad esempio, ha registrato un volume di spesa pari a 3.8 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto all’Italia. Questo dato evidenzia il gap esistente non solo in termini di dimensioni del mercato, ma anche di abitudini di consumo. Gli italiani, pur dimostrando un forte interesse per i videogiochi, tendono a spendere meno rispetto ai consumatori di altre nazioni. Questa tendenza può essere attribuita a diversi fattori, tra cui il reddito medio disponibile, le priorità in termini di bilancio familiare e la percezione culturale del gaming come forma di intrattenimento.
Il confronto con i giganti come Stati Uniti, Cina e Giappone sottolinea ulteriormente la portata limitata del mercato italiano. L’enorme divario nelle cifre spese riflette la differenza nelle dimensioni demografiche, nel potere d’acquisto e nella maturità dei mercati videoludici. In Cina, ad esempio, il gaming è integrato nella cultura popolare e rappresenta una delle principali forme di intrattenimento, supportata anche da una rapida evoluzione tecnologica. Negli Stati Uniti e in Giappone, inoltre, il comparto può contare su una fan base profondamente radicata, e legata ad una tradizione che qui da noi non abbiamo ancora costruito.