Ronaldinho, asso del Milan
Ronaldinho, asso del Milan

Cari amici del Bar dello Sport, il Milan, riparte senza Kakà, e con la scommessa di una estate fa: Ronaldinho


, oggi, come e più di ieri. Quando disse addio al Barcellona per il Milan, confidando sulla sua (immensa) classe e su promesse e premesse rimaste tali. Bilancio deludente, fatti salvi i primi due-tre mesi. Ronaldinho, oggi, come e più di un anno fa. Allora come valore aggiunto di una squadra che puntava – eccome – sullo scudetto e una onorabilissima Coppa Uefa, ma che è rimasta a mani vuote, col minore dei traguardi, il terzo posto. Valore aggiunto, rimasto tale solo nella teoria.

Un anno dopo, il Pallone d’oro 2005 vaga sul mondo milanista che si appresta alla svolta epocale di rinunciare a Kakà, per dare il via a un progetto di sostanza e di immagine che si chiama, appunto, Ronaldinho. E quel vagare lo si spiega su due piani ben distinti e distanti. Perché c’è la voce di Berlusconi che non perde occasione per cantare di Dinho le qualità immense, la necessità di riportarlo ai fasti da Pallone d’oro, per dire che Ancelotti ha sbagliato tutto su di lui (e dunque pagato) e che il dopo-Kakà è già un piatto pronto, e prelibato. E perché c’è la voce di tanti (troppi) stracarica di dubbi e malesseri, incapace di illudersi e di proiettare verso Ronaldinho l’immagine di un Milan che torni… Milan, e ancor meno che possa sostituire nel cuore, nel gioco e nella prospettiva un fenomeno come Kakà.

E allora è lecito chiamare a raccolta i dati in possesso su Dinho. Sul quale i dubbi a proposito della sua piena efficienza sono datati almeno dall’inizio del 2007, dopo il Pallone d’oro di fine 2005 e la Champions di maggio 2006, con la crisi di rapporti con Rijkaard e il Barcellona, tanto da indurre la dirigenza del Barça a metterlo sulla lista degli indesiderati, all’inizio del 2008. Dubbi che il Milan, estate scorsa, ha provato a spazzare via: il Ronaldinho del derby di fine settembre, per esempio, ha segnato un momento di autentica estasi. Poi qualcosa è accaduto, qualcosa si è inceppato, certi momenti di svagatezza e uno stato di forma declinante ne hanno fatto un “caso” in rossonero, non una virtù. E la crisi si è trascinata per quattro-cinque mesi, fino in fondo: Ancelotti non ha badato all’etichetta.

A 28 anni, è anche legittimo pensare che Ronaldinho abbia ancora qualcosa/molto da spendere: Berlusconi ci crede, qualcuno anche, la maggioranza dei milanisti no, ed è difficile non seguire il percorso di questa maggioranza di tifosi (rossoneri), per i quali la partenza di Kakà è una dannazione, e la speranza-Dinho una dannazione aggiunta. Di sicuro è una scommessa al altissimo rischio. Più grande di quella dettata dalla scelta di un allenatore esordiente, Leonardo. A presto!!!

Fonte: Sportmediaset.it

            Gioachino Asti

Gioachino Asti, opinionista sportivo
Gioachino Asti, opinionista sportivo