Via libera all’amministratore di sostegno chiesto dalla moglie, separata e titolare di un assegno, per l’ex marito troppo generoso con l’amante. A darle ragione è stata la Cassazione: non è illecito per un ex marito dilapidare in poco tempo le proprie fortune. Non c’è legge o norma che impediscano a un uomo (separato o meno) di spendere fino a 500mila euro per “godersi la vita” con l’amante. L’illecito arriva, però, se il coniuge dal quale ci si è separati, spende troppo denaro per un’altra persona, rischiando di non potere adempiere ai suoi obblighi di mantenimento, vale a dire l’assegno di mantenimento per l’ex moglie ed eventuali figli. Tanto più se si arriva a pesare sulla collettività, chiedendo sussidi allo Stato. Immaginiamo la situazione di Antonella, che dopo anni di matrimonio ha divorziato da Francesco. Recentemente, Antonella scopre che Francesco sta spendendo ingenti somme di denaro per la sua nuova compagna, compromettendo così la capacità economica che era stata garantita per il mantenimento dei figli. Questa situazione solleva una serie di questioni legali: che fare se l’ex marito è troppo prodigo con l’amante? Quali sono i diritti di Antonella in questa situazione? Come può garantire che il benessere dei suoi figli non sia compromesso dall’improvvida generosità dell’ex marito verso la sua nuova compagna? La prodigalità è un comportamento caratterizzato da un’eccessiva e irrazionale dissipazione di beni e risorse finanziarie. A differenza della generosità, che implica la donazione o l’uso delle proprie risorse per aiutare gli altri in modo ponderato e sostenibile, essa si manifesta in una spesa eccessiva e priva di giudizio che può compromettere la stabilità finanziaria e il benessere dell’individuo o della sua famiglia. Ad esempio, una persona generosa potrebbe donare una somma di denaro a un’organizzazione benefica o sostenere finanziariamente un amico in difficoltà, sempre tenendo conto delle proprie capacità economiche. Al contrario, un individuo prodigo potrebbe spendere ingenti somme in oggetti di lusso, vacanze costose o regali sproporzionati, senza tener conto delle proprie reali possibilità finanziarie o delle esigenze future, mettendo così a rischio la propria sicurezza economica e quella dei suoi cari. Questi comportamenti, se protratti nel tempo, possono portare a gravi difficoltà finanziarie e a conseguenze legali, soprattutto se influenzano la capacità di adempiere alle proprie responsabilità economiche verso la famiglia o altri obblighi. A determinate condizioni, quindi, la persona prodiga può essere considerata fragile e deve essere protetta, onde evitare che col suo comportamento arrechi danno a se stessa e alle persone nei confronti delle quali ha degli obblighi. Nel sistema legale italiano, per tutelare gli adulti incapaci di gestire i propri interessi, sono disponibili tre meccanismi: l’amministrazione di sostegno, introdotta dalla legge n. 6/2004 che ha modificato il codice civile, l’interdizione e l’inabilitazione, entrambe già stabilite dal codice Civile all’art. 414 e seguenti e parzialmente riformate dalla stessa legge. Queste misure implicano una valutazione da parte di un’autorità giudiziaria, il Giudice Tutelare per l’amministrazione di sostegno e il Tribunale per l’interdizione e l’inabilitazione, basata sull’analisi della documentazione fornita e su un incontro diretto con la persona coinvolta. Che fare dunque se l’ex marito è troppo prodigo con l’amante? Esiste un modo per impedirgli di sperperare il suo patrimonio, mettendo a rischio l’adempimento degli obblighi di mantenimento verso moglie e figli? La Corte di Cassazione, con una sentenza recentissima, ha fornito una risposta affermativa alla domanda, ritenendo ammissibile la nomina di un amministratore di sostegno per un ex marito eccessivamente generoso con la sua amante, su richiesta della moglie separata e beneficiaria di un assegno. Nel dettaglio, una donna di Ferrara,rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ha avuto ragione con tanto di decisione della Corte di Cassazione sul marito infedele e spendaccione. Dopo essersi separata consensualmente, la donna aveva chiesto al Giudice Tutelare di nominare un amministratore di sostegno per l’ex coniuge, un uomo facoltoso e benestante che stava dilapidando le sue fortune con l’amante romena. Dopo la separazione, aveva inaugurato una vita all’insegna di lusso e godimento, tanto da arrivare a spendere 500mila euro in poco tempo. La richiesta della donna era stata accolta in primo grado, ma bocciata in appello. La Suprema Corte riabilita il primo provvedimento sconfessando i giudici dell’appello. Dando, di fatto, ragione alla ex moglie, che non ha mai smesso di credere nella sua battaglia. La decisione è stata presa sulla base del concetto di “prodigalità” già definito dalla Cedu (Corte europea dei diritti dell’Uomo). Spiega la Cassazione: «Se una persona è libera di disporre del proprio patrimonio, anche in misura larga e ampia, assottigliando ciò di cui legittimamente dispone, non può però ridursi nella condizione in cui, non solo non sia più in grado di assicurare i doveri di solidarietà già posti a suo carico (l’aiuto all’ex coniuge), ma finanche quelli in favore della propria persona, altrimenti costretta a far ricorso agli strumenti di aiuto pubblico da richiedersi a dispetto delle proprie capacità di vita dignitosa».
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