Cominciamo con l’operare la distinzione tra migrante ed emigrato.
L’emigrante ricorda noi stessi, gli italiani sparpagliati per il mondo,
Migrante è invece una condizione di esistenza come i nomadi, gli zingari, i senza patria e i senza dimora. Un tempo nel Medioevo erano i pellegrini, adesso sono l’espressione di un mondo in fuga da se stesso: precari, sbandati, emarginati, esclusi e schiavizzati. Un mondo di povertà e precarietà. Ci si chiede quali motivazioni abbiano indotto le persone a lasciare la loro terra d’origine, cosa li abbia spinti a ritornare, cosa è successo durante questa fase di transizione, cambiamenti, difficoltà di integrazione, diversità etniche, religiose, adattamento, razzismo. Sappiamo bene che il fattore determinante dell’esodo è quasi sempre l’incalzare delle necessità economiche, i bisogni esistenziali primari ma, vi assicuro che a tratti viene fuori una realtà diversa come ad esempio l’incapacità, o l’assenza di quelle strutture burocratiche istituzionali della terra d’origine che li spinge a cercare altrove ciò di cui necessitano per sé e per i propri figli generando quasi automaticamente il flusso migratorio di altri parenti e consanguinei. È il caso del signor Roberto che, seppur lavorando ha riscontrato difficoltà nell’ottenere lo stipendio mensile o perché il datore di lavoro ha un’esposizione debitoria tale da indurli a temporeggiare nell’incasso dell’assegno Attraverso le mie interviste fuoriescono realtà inimmaginabili. Chi va via per amore e decide di rimanere nella terra d’approdo.
Come il caso del signor Federico che in Argentina ha incontrato l’amore o chi, come il signor Alessandro, il quale, cresciuto in Argentina, è costretto per motivi familiari a rientrare in Italia precisamente in Veneto dove, a suo dire, ha trovato un ambiente ostile, dove la gente ha assunto un atteggiamento di distanza nei confronti della sua famiglia. Ladri, imbroglioni e falsi. Così li ha definiti. O la signora Anna Maria che attualmente vive a Cordova e desidera ardentemente rientrare nella sua terra d’origine: le Marche.
C’è chi piange quando attraversa lo stretto di Messina per rientrare in Belgio, in Germania o in un posto chiamato “altrove “ e ,piangendo, affidano le loro lacrime amare al silenzio. Scopriamo così una Sicilia brutta sporca e cattiva, caratterizzata da disagi, disoccupazione sporcizia. Nonostante ciò “Loro “ritornano.
Una Sicilia magica, mitica, folkloristica. I cortili di una volta in cui la gente si riuniva, le sedie attorno ad un tavolo, l’odore del sugo fresco fatto in casa, a cubaita(un dolce siculo),i robbi stinnuti (la biancheria stesa al sole ad asciugare) u panaru che io definisco patrimonio dell’umanità sicula, i ficudini(i fichidindia),il rumore dei bambini, u scrusciu do mari (il rumore del mare ) e do putiaru ca abbannia (il venditore che a voce alta cerca di vendere la propria merce). Emerge una Sicilia piccina piccina come ad esempio ‘locchiu di la genti”(l occhio della gente ) con riferimento a chi ad esempio prova vergogna nel manifestare l’esistenza di una malattia grave quale il tumore. Quasi come se l’ammalarsi contenga in sé gli estremi di reato. Insomma esistono tante Sicilie o terre in ognuno di noi. Quale di queste prevalga o prevarrà sull’altra sarà la vita a chiarirlo.
E poiché una storia non esiste se non viene raccontata, io ho deciso di raccontarvela e così facendo abbiamo dato un volto ed un nome ai tanti Roberto, Alessandro, Salvatore, Federico Anna, Antonio sparsi nel mondo.